Quando sono entrata nella Repubblica di San Marino, circa due settimane fa, ho visto un grosso arco al confine sotto il quale bisognava passare per non essere più in territorio italiano.
Era anche bello, se devo essere sincera.
Bianco, con una scritta che creava anche una certa suggestione:
"Benvenuti nell'antica terra della libertà"
La cosa mi galvanizzò e mi portò a pensare che non era stata scelta poi una meta così poco entusiasmante per il viaggio. Da una scritta, una fotografia è possibile immaginare tante cose.
Il bello però è scontrarsi con la realtà. Dopo due giorni di permanenza quell'arco in finto avorio mi tornava di continuo in mente e cominciai a pensare:
"Libertà un cazzo...! E' Napoli la vera terra della Libertà!"
Mi spiego meglio.
A Napoli puoi tranquillamente mortiare* qualcuno senza avere paura di ricevere una notifica giudiziaria tre giorni dopo o veder arrivare i gendarmi nell'arco di 15 secondi. Al massimo ci dai di mazzate. Tutto in totale omertà pubblica (a Napoli vige la legge: mi faccio i cazzi miei) e te la vedi esclusivamente con l'interlocutore che, nel 90% dei casi, ha cominciato già prima che tu aprissi bocca ad alluccarti contro i suoi dubbi circa i più o meno facili costumi della tua genitrice.
A Napoli puoi fare il lancio della munnezza dal balcone senza essere visto da nessuno. Perchè se pure qualcuno ti vede non dice niente. E' una cosa normale imbrattare la strada in cui si abita e magari scendere poi in piazza gridando: "Uè uè, ma sta munnezz just ccà adda stà?!"*
A Napoli puoi bruciare il semaforo rosso, guidare il motorino senza casco e non allacciare le cinture di sicurezza in macchina. Che tanto, se pure un vigile urbano ti ferma, tu sei perfettamente in regola e provi a dirgli: "Guardi che mentre ammira la mia fotografia sulla patente saranno passati almeno due motorini con otto persone a bordo, tutti senza casco..." quello ti risponde:
"Si, lo so. Ma io mica posso fermare tutti..."
A Napoli se hai voglia di fare bordello basta uscire per strada di sabato pomeriggio e andare nelle zone clou della città, che un corteo di disoccupati marcianti al grido: "Vulimm' o lavor!"* lo trovi sempre. Puoi accodarti a loro e per andarci d'accordo sarà sufficiente criticare la gestione comunale, regionale, lo Stato, la Nazione, il mondo, Marte, il sistema solare.
Ti accoglieranno a braccia aperte e per un quarto d'ora diventaranno la tua famiglia!
A Napoli, in determinati periodi dell'anno, se vuoi alzarti presto la mattina non è necessario programmare la sveglia. Ci pensano i fujenti a svegliarti. Anche con prepotenza.
Con musiche, grida questuanti e casino generale.
A Napoli puoi schiattare le ruote a chi ha parcheggiato la macchina al tuo posto.
Si, perchè - specie nelle zone del centro storico, dove io abito - ognuno ha il suo posto macchina. Ottenuto con pazienza, nel corso del tempo. Parcheggiando l'auto sempre lì, per anni.
In strada e in divieto di sosta. Tanto il Comune ha a dispisizione un solo carro attrezzi, puntualmente impegnato in altre operazioni. Quindi vige l'autogestione!
Tu avrai pure girato ore e ore attorno al palazzo per trovare un buco in cui infilare la macchina, ma l'orgoglio vince sopra ogni cosa.
A Napoli, nel periodo di carnevale, puoi provare l'ebbrezza della maschera all'uovo per i capelli. Gratuita. Ragazzini più o meno somiglianti a scimmie usano da anni uscire di casa con confezioni di uova, per schiattarle una ad una in testa ai passanti. E' un modo per combattere la crisi! I prodotti di bellezza costano e poi l'albume d'uovo è fantastico per la pelle!
A Napoli puoi comprare la patente, il rolex falso in gioielleria (col gioielliere che è tornato un'ora prima dal borgo orefici e ti mostra, orgoglioso dei 3.200 Euro che gli hai posato sul bancone, la garanzia creata ad arte, il seriale che non ha nulla da invidiare all'originale e la scatola confezionata amorevolmente apposta per te!) o una Louis Vuitton per circa 60 Euro, mentre il senagalese scappa al passaggio della macchina della Finanza e tu gli corri appresso perchè devi avere il resto.
Hai voglia di medioriente? A Napoli ti basta scendere a piazza Garibaldi! Non sono necessari viaggi, voli d'aereo o prenotazioni economicamente dissanguanti. No. Se vuoi la casbah ti basterà passeggiare attorno alla stazione centrale, con buona pace della prima impressione di chi a Napoli viene veramente a fare il turista.
Vuoi provare l'emozione di pagare un mattone 400 Euro? Nella suddetta zona ti basterà camminare con l'aria dello spaesato, magari con una macchina fotografica al collo (arma a doppio taglio. Pena: lo scippo con relativo strascino per 200 mt) e aspettare trenta secondi: sarai assediato di personaggi con l'aria rassicurante che ti faranno vedere un Pc - attorno al quale campano, in media, sette o otto famiglie - facendoti credere che lo stai comprando.
Per poi donarti alla modica cifra succitata una mattonella capace di ricordarti quanto può essere labile lo scibile umano. E sono cose...
Insomma, a Napoli puoi!
La Repubblica di San Marino può soltanto sognare tutto questo.
Lì hanno paura del buio, ci sono telecamere ogni 30 metri e un'efficienza che non lascia spazio alla vita vera.
Libertà un cazzo! E' Napoli la vera terra della libertà!
Legenda per i polentoni:
*mortiare: bestemmiare i defunti di un interlocutore che (non temere!) bestemmierà i tuoi.
* "uè uè, ma sta munnezz just ccà adda stà?"
Traduzione: scusate, ma questa spazzatura ha trovato giusto qui la sua allocazione?
* "Vulimm o lavor!"
Traduzione: "Vogliamo il posto fisso, coi contributi e in più vogliamo continuare a lavorare al nero come abbiamo fatto fino ad oggi. Che tanto, col posto, basterà far marcare il cartellino alle 9 di mattina all'amico compiacente. Che poi il regalo ci esce sempre."
Ore 1.39. Notte. Temperatura esterna: 5.3°. Freddo. Correre per sfogarsi, per riscaldarsi. Cioccolata calda. Abbraccio. Stelle. Un mare di stelle. La luna sul mare. L'odore del mare. La sabbia umida. I piedi freddi. Il vento sulla faccia. La mia moto. La strada deserta. La nebbia sul cuore. Un velo di seta. Il cotone di seta attorno ai desideri. Zucchero e cannella. Limone. Violino e pianoforte. Un cellulare che non squilla. Una stanza con una porta blu e una finestra che lascia filtrare la luce del sole. Caldo. Gelato. Cono granellato. Profumo di lavanda. Odore di buono. Un libro aperto, appena comprato. Nereo e Fauno hanno una pazienza infinita. Decaffeinato in tazza fredda. Acqua bollente. L'amico lontano. Malinconia. Cambiamento. Mancanza di chi neanche si conosce. Nostalgia. Cuore di cristallo. Sacco. Cicatrice sulla gamba destra. Fierezza. Inquietudine. Vino rosso. Due bicchieri. Odore della vernice. Una parete appena imbiancata con le proprie speranze. Aspettative. Desideri chiusi in una stella cadente. Illusione. Tatuaggio sulla scapola destra. Farfalla. Voglia di razionalità. Voglia di capire. Bocca. Capelli. Fragilità. Discrezione. Aurora. Tramonto. Rosa. Nero. Il frigorifero blu. Lui che chiama alle feste comandate come fosse un dovere. Musica. Ricordi. Pizza fredda. Umidità. Sedia in legno. Mascherina nera. Testata del letto in ferro battuto. Fusa. L'odio del silenzio. Sono l'illusione di me stessa. Attesa. Amore. Scrivania bianca. Delusione. Sigaretta, fumo, benzina. Il sapore del cocco. Un bacio, uno solo. Una carezza. "Che bella novità, la prossima carezza che verrà." Tempo. Assenza. Una crepa da riempire sul cuore. Senso di vuoto. Legno dentro e fuori. Un tappeto, un divano. Poca luce. Dormo sempre a pancia in giù. Senso di inadeguatezza. Mediocrità. Passione. Pizzicotto. Sogno. Speranza. Morso.
Adesso prendo queste frasi spaiate e le metto nello zaino che indosso quando vado in moto.
Col mio ipod e il pacchetto di sigarette pieno. Lo chiudo e parto.
Ci sono entrata due minuti per prendere un caffè dopo aver visitato la Rocca e aver pianto come una scimunita davanti alla sala che è stata adibita a "stanza di Francesca". Ho visto il leggìo, le sedie, il letto e ho sentito una sensazione di calore alla bocca dello stomaco. Tramutatasi in lacrime che si sono asciugate subito. Nel giro di poco tempo mi ha fatto vedere tutta la sua vita, riassunta in una serie di foto appiccicate a una bacheca di truciolato consumata, appesa a una delle pareti della trattoria.
Spazio piccolo, poche panche di legno sulle quali sedersi, tovaglie rosse con i quadretti bianchi.
Mi ha fatto leggere tutte le firme dei personaggi che ha servito: da Fellini e Benigni.
Mi ha mostrato con malinconia tutte le immagini. Ha raccontato con l'orgoglio negli occhi dove ha lavorato, stilando un elenco netto e forse un po' freddo. Come la lista della spesa. Lo faceva con la memoria, non tanto con il cuore. Voleva essere preciso. Il caffè intanto si era freddato, ma poco importava. Avere l'onore di ascoltare la vita di qualcuno dalle sue stesse labbra vale un caffè caldo mancato.
Ho visto sul suo volto l'entusiasmo dei ricordi e nella sua camminata gli acciacchi di 51 anni di lavoro. Mi ha chiesto se un giorno sarei tornata. Ho accennato un sì un po' incerto con la testa, perchè non so quando succederà. Ma sono sicura che Alfredo, a Gradara, sarà la persona che mi mancherà di più dopo questo viaggio. Che è valso quasi soltanto per il pomeriggio di ieri.
Comunicasione di servisio: sono in Romagna e sto mangiando una cosa tipo tre o quattro piadine al giorno. Ovviamente fuori pasto e sento di essere già ingrassata di 40 Kg in pochi giorni. Si, si. Non insistete. Quando tornerò racconterò i dettagli del viaggio, della permanenza, del ritorno e magari posterò pure la fattura pagata ma adesso ho un dubbio e mi serve la ricetta della nonna.
Ecco, si. Non divaghiamo.
Se sei malata di ossessione, quella che ti ci fa pensare notte e giorno, che ti fa sognare la notte (cosa che per me è un male perchè do sempre troppa importanza ai sogni!) e stare distratta anche quando sei in compagnia, che ti fa sentire uno scombussolamento in corpo che manco la purga, che ti fa immaginare cose, dialoghi, appiccicate...che si fa?
Come si guarisce? Perchè io devo guarire!
Olio e limone, zucchero e cannella o che altro?
E' triste constatare, giorno dopo giorno, che la gente modifica con tutto l'impegno possibile fino a farsi scoppiare le cervella e l'unico neurone che le abita imbrattando le pareti di sangue e frammenti di osso pieno (prendete fiato) , le proprie fotografie col solo scopo di pubblicarle su Facebook.
Parlo di immagini personali, raffiguranti sé medesimi.
Non mi riferisco a tramonti, animali, pezzi di cadavere o simili.
No, è meglio specificare.
Mò io voglio pure capirlo che come avatar eviti di piazzare una tua immagine classificabile in quelle foto che ti etichettano come nonfotogenicaadunaprimaocchiata (leggasi: sono un cesso con braccia e gambe) e propini qualcosa di decente...
Suvvia, anche l'occhio vuole la sua parte.
Ed è giusto.
Ma che ti schiatti ore e ore di palese Photoshop nelle vene, che ti gonfi le labbra a coppia di canotti - che quando 'sta gente la incontri faccia a faccia ti chiedi se ci sia stata una crisi di rigetto che le ha costrette all'intervento chirurgico di riduzione - , che ti depili le sopracciglia, ti sbarbi e allunghi ciglia e capelli, che fai un bianco (sparato) e nero per dare un effetto noir pescivendolo della Napoli trappana alla foto, che ti elimini i nei dalla faccia, che ti fai venire un aneurisma per pubblicare immagini sempre nuove, per poi fare la parte del maledetto/a incompreso/a che non se ne frega una cippa dei commenti e che a quei "sei bellissimastupendameravigliosa/o" non risponde neanche, no...
Non lo capirò mai.
La parola Amicizia va sempre scritta con la lettera maiuscola.
Se non altro per una questione di rispetto.
Venerdì pomeriggio, ore 14.00 circa. Chiamo Roberto. L'Amico che c'è sempre e che ogni volta che saluti ti auguri di rivederlo il prima possibile. Quello che ha riverniciato la moto, che ha inconsapevolmente dato il titolo a questo blog mesi fa, quando ancora neanche la sottoscritta sapeva che un giorno sarebbe stato aperto. Quello che poco fa, prima di partire, ha sacrificato un'ora del suo tempo per fare una modifica alla mia macchina. Quello che ogni volta che è a casa mia mi fa trovare il caffè pronto la mattina. Quello che pur avendo dormito solo un paio d'ore, quella mattina di settembre, ci raggiunse per accompagnarci a vedere casa.
Quello che abita oltre il Garigliano e che a quest'ora è in macchina, verso casa.
«Roby...»
«Terry! Ma che fate, questo fine settimana venite? Tieni presente però che il tempo qui è stato una schifezza e lo è anche adesso...»
«Mah, Rò non lo so perchè c'è Toro seduto che non si è sentito molto bene negli ultimi due giorni. Non è che vuoi scendere tu?»
«Ho un raffreddore da cavallo. Se domani mi sento meglio vengo volentieri. Lo dico anche a Silvia che mi disse che voleva venire anche lei la prossima volta che sarei sceso.»
«Bene! Ma se vieni parti domani, giusto?»
«Sicuro. Mò devo andare a lavorare in clinica e stacco tardi.»
Sabato mattina, ore 13.00 circa.
«Roby! Allora come ti senti? Vieni?»
«Mi sono imbottito di Vicks. Non posso dire di no. Parto in macchina verso le 17.00. Silvia non viene perchè non sa a chi lasciare Teti. Tu hai i gatti e non è il caso di creare eventuale scompiglio. Vedi che forse scende anche Luigi a Napoli, che è venuto Patrick da Miami...»
«Uà, 'na folla! Bello! Quando siete arrivati chiamami che vi vengo a prendere.»
Ore 19.00 circa. Arrivo dei due pazzi e del medico americano a casa mia.
Risate.
Pizza.
Dolci comprati in moto dal compagno e da Roby che hanno sfidato il traffico e la coda in pasticceria.
Limoncello.
Aria di felicità.
Luigi e Patrick - che ho conosciuto solo ieri sera, ma già mi manca - ripartono per Formia.
Roberto, il mio compagno ed io c'incamminiamo verso il centro storico by night con i miei cagnoni. Felici e scodinzolanti. Tra un caffè e una battuta manca un'ora all'alba.
Si trona a casa, si dorme un discreto numero di ore.
Stamattina: caffè e sfogliatella.
Passeggiata fino a piazza Plebiscito in una giornata che sembrava l'inizio della Primavera.
Nell'aria c'era entusiasmo anche per le piccole cose. Almeno da parte nostra.
Alle 16 siamo tornati a casa e da pochi minuti ho salutato quel motociclista pazzo, che ha per mezzo un ramarro verde.
Silvia fisicamente non c'era, ma con la testa eravamo tutti anche in sua compagnia.
Come l'estate scorsa durante le scorazzate sulle moto, le passeggiate a piedi a Castellone. Come quella sera, al porto di Gaeta. Come quando li ho salutati piangendo il 26 settembre scorso. Con la paura che la quotidianità ci avrebbe allontanati.La parola Amicizia va sempre scritta con la lettera maiuscola. Se non altro per una questione di rispetto. E adesso che ho un altro ricordo da aggiungere all'album sto bene. Anche perchè mi sono ricordata di essere felice.
Lo scrivo qui soprattutto per me, per lasciarne vivo il ricordo semmai dovessi - tra qualche tempo - tornare a leggermi. Una specie di post-it giallo attaccato al frigorifero.
Ieri sera non sapevo dove andare. Dopo essere stata al solito bar dove c'è il vecchio sordo che chiamo affettuosamente NONNO!!! a piazza Bellini, non volevo tornare a casa. Sai quando vuoi essere ovunque, meno il posto in cui ti trovi? Ecco, così. Allora ho fatto patti chiari con la moto.
«Ciccina io non so dove andare. Decidi tu che mi scoccio di pensare.»
Abbiamo cominciato a percorrere strade su strade, fino ad arrivare in tangenziale. Ovviamente la macchinetta automatica del pedaggio mi ha mangiato un Euro prima di accettare gli altri 80 centesimi, ma ormai avviene quasi di default. Quindi non ci faccio più caso, e non ci baderò fino al giorno in cui comprerò l'agognato fucile a canne mozze. Cammina, cammina, una marcia e l'altra siamo arrivate a Fuorigrotta. Comunicazione per i polentoni che leggono questo luogo di perdizione: Fuorigrotta è un quartiere di Napoli, a mio avviso anche il più bello. Più avanti capirete il perchè.
La monocilindrica nero antracite satinato mi ha fatto rivedere tutti i luoghi in cui sono stata nel corso dell'adolescenza. O almeno nel corso della parte che per me è effettivamente contata qualcosa, insomma. Due anni di idillio, quando non c'erano grossi pensieri, nè pagamenti da fare, nè scadenze da rispettare. Quando c'erano solo passioni e rappresentavano praticamente tutto. Rivivere nella mia mente situazioni, cose e persone, mi ha provocato un notevole sconforto e l'inesorabile quanto impossibile desiderio di tornare indietro nel tempo. Di dieci anni o pressappoco.
Al ritorno, in tangenziale, mi sono fermata ad un autogrill dove ho dato sfogo a tutta la mia verve malinconica comprando la cioccolata Lindt in possesso della struttura. E per il mio intestino, che non è abituato a mangiarne più di un pezzetto ogni tanto, ha significato dare a sua volta libero sfogo alla cacarella. Ma importa poco. Ne è valsa la pena.
Arrivata a Napoli altra tappa obbligata: bar per cappuccino caldo. Quello che voi bontemponi dovete sapere è che io sono un po' il pungiball emotivo di chi lavora parecchie ore al giorno e magari, in piedi. Leggasi barman, salumieri, tassisti, autisti in genere, commercianti. Sempre e comunque maschi. Non esula dalla categoria il barista dal quale sono andata ieri: Peppino.
Doverosa precisazione: la figlia più piccola di Peppino ha la mia età, quindi non scassate le palle con allusioni di qualsiasi tipo.
«Peppì mi fate un cappuccino?»
«Infreddolita? Eh, tu chissà che combini!»
«Veramente sto solo venendo dalla tangenziale con la moto...
»
Tra un ehadessocosìsidice e un altro tuchiossapchevaifacendo con aggiunta del tieniunpocotroppopepe lo vedevo armeggiare col mio cappuccio, come se stesse forgiando una scimitarra. Quando me l'ha servito sono rimasta mezza sbigottita.
Senza dubbio mi ha riscaldata tutta.
Anche il cuore.
Si è ripresentata anche quest'anno, assieme alla mia mutazione in orso bruno, la cistite. Non guardatemi pietosamente: anche la pisciarella - bruciore a parte - ha i suoi vantaggi. Fai scarica liquidi e sembri sempre almeno un Kg in meno di ciò che sei in realtà. Senza contare il culo, ovviamente. Se siete femmine anche voi potrete andare incontro alla dura realtà universale della cistite, prima o poi. Visto e considerato che, a prescindere dall'eventuale infiammazione, la vostra vescica ha la capacità di un thermos di caffè bucato.
Questo significa che, quando uscite, nove volte - e mezzo - su dieci dovrete fare pipì.
Ora sembrerà facile per voi mariuoli che vi accostate contro un muro qualsiasi, lo tirare fuori e giocate a spegnere il fuoco nel miglior stile del Draghetto Grisù, ma per noi donne il richiamo urinario pone diverse questioni esistenziali.
C'è la stoica, che ormai ha le velleità di un barattolo sottovuoto e la tiene dodici ore di fila.
La riconosci perché si dondola da un piede all'altro e canticchia.
Tu le chiedi se deve andare in bagno, ma lei nega.
Ogni tanto l'occhio le diventa vitreo, finché non raggiunge l'illuminazione.
Come il Dalai Lama non sente più nulla, salvo poi nei casi particolari trasformarsi nella..
disperata.
La disperata è una stoica che l'ha trattenuta troppo.
Ormai non solo è disposta ad ammettere che le serve un bagno, ma sarebbe ben contenta anche se le indicassi un cespuglio, una strada chiusa o l'anfratto creato da due portiere aperte della macchina.
Inutile che fate le 'gnorri, voi che leggete, lo avete fatto TUTTE.
Una volta trovato il suo riparo d'emergenza, la disperata si accoscia con i piedi distanziati quanto più possibile e tenta di adempiere al suo bisogno primario.
Questo significa:
- non farla troppo velocemente (schizzerà e vi bagnerà mutande e pantaloni);
- non farla in pendenza sfavorevole (cercherà di inondarvi le scarpe e voi sarete costrette a scappare come un pinguino zoppo, con il calzoni a bloccarvi le ginocchia);
- assicurarvi di avere a portata di mano un fazzoletto, un tovagliolo, almeno un foglio di giornale (pena l'umidità di fondo quando tirerete sù l'intimo e, per le più sfortunate, la goccia sui pantaloni).
La terza categoria e quella delle razionali.
Le razionali sanno che non c'è scampo e cercano la toilet al supermercato o nel bar più vicino.
Qui prenderanno la posizione.
La posizione si impara da bambine ed è simile a quella dei mimi che giocano alla sedia invisibile.
Quindi ecco la razionale che, ad un altezza media dall'asse del water che va dai cinque ai dieci centimetri, gonfia gli addominali e pompa i muscoli delle gambe per mantenersi in equilibrio.
Se in tutto questo avete cappotto, borsa e (toh, è inverno!) ombrello, la vostra situazione è simile a quella di un trapezista che tenta di percorrere senza rete un filo teso fino alla punta dell'Empire State Building.
La manovra più pericolosa è cappotto lungo e mano tesa per recuperare la carta igienica (quasi sempre finita). Una distrazione potrebbe esservi fatale.
In tutto questo il tuo compagnomaritofidanzato ti aspetta fuori con aria rassegnata.
Lui nel frattempo è andato in bagno tre volte e si è bevuto due bianchini.
Tu, con le mutande infilate nel solco fra le chiappe, lo odi dalla punta dei capelli alla fine degli alluci.
Alla prima occasione in cui lascerà alzata la tavoletta a casa lo crocifiggerai.
Lui non capirà perché, ma tu sì!
Premetto che non nutro un grande amore nei confronti dei puntini sospensivi. Li trovo gretti e inutili. Secondo me hanno anche qualcosa di malvagio e prima o poi conquisteranno il mondo, sfrattandoci dalle nostre case. Complici dell'adulterio, quelli che ne fanno sintatticamente abuso. Una vergogna. Ma il titolo li richiedeva. Quindi ho chiesto loro di starsene lì, buoni. Avvisandoli che più tardi sarei passata a cambiargli il pannolino. Stamattina sono inciampata in un video che non vedevo da tempo, pescato da uno dei miei films preferiti. La storia del soldato e della principessa, con la relativa risposta del protagonista un po' di fotogrammi più avanti, ha violentato la mia già fragile testolina. Si, me lo chiedo anch'io perchè tendo al masochismo. Ma tant'è: le illusioni sono necessarie. Come fai a svegliarti la mattina senza illuderti del fatto che ti capiterà qualcosa di straordinario? Che poi, nel corso della giornata, di quella vana speranza ti dimentichi pure. Però ti ha aiutato a sentirti vivo. Del resto anche le illusioni sono un'emozione. Prendendo ad esempio la sottoscritta, non sarei neanche nata se non mi fossi illusa che avrei sconfitto quel senso di mediocrità che inconsapevolmente nutrivo già nel grembo materno. Le illusioni sono una cosa straordinaria. Pensi, immagini, t'illudi, sorridi. Poi ti svegli e capisci che la verità non è quella. Senso di inadeguatezza, che però ti aiuta a maturare, a fortificare. Soffri, dimentichi e ti porti avanti fino alla prossima speranza. Che poi tra illusione e speranza c'è la differenza di un capello. Possibilmente sfibrato. Però se non ci fossero, quanti pensieri in meno faremmo? Quante volte in meno sorriderebbe il cuore? Anche ricordando a distanza di tempo l'imbecillità di certe percezioni. Ho letto or ora su wiki che l'illusione, sostanzialmente, consiste in una visione alterata della realtà, da parte del soggetto che la percepisce. Ma a modo suo. Ebbene? Che c'è di sbagliato? La vita è anche interpretazione, a volte. E meno male! Ci sarebbe un livello di sterilità emotiva, se così non fosse, da far paura. Il mondo già non è un magnifico posto in cui abitare. Non credo valga la pena negarsi anche il diritto di stare almeno con un piede, sospeso per aria.
Ultimamente non riposo affatto bene. Sarà la vecchiaia, i pensieri che sono come acqua e che puntualmente - visto che anch'io di giorno ho un attimo di cose da fare - m'inondano la faccia non appena la poggio sul cuscino, o sarà l'artrosi, non lo so... Fatto sta che dormo niente o poco. E comunque male. Il primo che dice chisenefrega lo scaravento giù dal balcone. L'altra notte, ad esempio,
la ricorderò per sempre probabilmente: non ho dormito affatto. Inutile dire che durante la giornata non ero fresca come una rosa e sembravo la versione femminile di nightmare senza le unghie di ferro...Senza contare che questa cosa pregiudica la mia voglia di sognare.
Il tuo compagno, che ha ronfato profondamente per un buon numero di ore senza alzarsi neanche per andare a fare pipì, si sveglia, ti trova già con gli occhi sbarrati e dice:
"Che sonno che ho. Non dormo per niente bene in questi giorni..."
Tu, rassegnata all'oblìo del vittimismo, metti a fare il caffè chiedendoti se stai così a 26 anni come starai quando ne avrai quaranta. E se ci arriverai, soprattutto.Quel che è peggio, però, è che poi durante la giornata mi capita di avere dei violenti colpi di sonno nei momenti meno adat