La cardarella è poliglotta. Translate!

19 ago 2024

Il mondo oltre le sbarre


Dopo il cancro quello che più ti “preoccupa” è l’aspetto psicologico. Se mi guardo indietro mi chiedo come ho fatto ad affrontare tutto da sola, o comunque con pochissimo supporto, pur continuando con costanza ad occuparmi di mio figlio. 10 anni, autistico, non verbale. Ora mi sento un animale in gabbia. Mi sento come quegli animali che camminano ininterrottamente a destra e sinistra e vedono solo sbarre. Voglio mangiare il mondo a morsi, come se non avessi tempo. Voglio fare tutto ciò che mi sono negata per anni, avendo sempre e comunque messo mio figlio al primo posto. Non che ora lui non sia ancora la mia priorità, intendiamoci. Ma è come se adesso sapessi che esisto pure io. Come se finalmente ne avessi preso coscienza. E siccome non si può fare tutto e subito, mi sento costretta. Come legata. Ne ho subite parecchie fino ad ora. Tante che ogni volta facevo quello che fanno gli animali in punto di morte: mi cercavo un angolino e aspettavo. E puntualmente resuscitavo. Cosa che potrebbe farmi sperare in un futuro in forza Italia o nella Resurrezione, se fossi credente. Ora no. Niente angolo, non voglio una voce che mi sveglia e mi dica che la guerra è finita. Ora sono in piedi e voglio correre. Sono in lista d’attesa presso uno sportello psicologico, spero mi chiamino a settembre. Ma ora come ora tant’è. Più del cancro mi spaventano i rimorsi. È come se fuori dalla gabbia in cui sento di essere ci fosse tutto un mondo che non ho vissuto e tante cose da conquistare. Butto calci e se viene fuori che una cosa non posso farla, piango come se avessi sei anni. Detta così pare che sono diventata improvvisamente capricciosa. Vi assicuro che non lo sono mai stata, nè lo sono adesso. È solo che voglio vivere, però spasmodicamente. A qualcuno di voi è successo questo? Un abbraccio a tutta la grande fascia in ascolto.

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