giovedì 30 giugno 2011

L'attimo di sfogo

Prima abbiamo dovuto combattere contro l'ischemia cutanea.
Ora dobbiamo combattere contro la fibrina.

E intanto lui continua ad escludere l'intervento. Che poi ormai sarebbe anche troppo tardi per farlo visto che il medico che lo sta seguendo ad agosto parte.
E quindi medica, strofina, gratta, tenta di eliminare, disinfetta, pulisci, lava, copri, imbratta di crema, sterilizza. E poi rimedica, strofina, gratta, tenta di eliminare, disinfetta, pulisci, lava, copri, imbratta di crema, sterilizza. E ancora medica, strofina, gratta, tenta di eliminare, disinfetta, pulisci, lava, copri, imbratta di crema, sterilizza.
Quindi compra. Quando dei pagamenti che dovrebbero arrivare, non arrivano.








Adesso io mi metto qui nell'angolo e piango un po'.

giovedì 23 giugno 2011

Le cose belle

E' bello quando vai dal medico, gli mostri la ferita e lui ti conferma non solo che sta rimpicciolendosi seppur lentamente, ma anche che quel contorno violaceo che non dava certo un immediato conforto sta sparendo.

E' bello il fatto che devi continuare con la stessa terapia (quella che hai cominciato poco prima di notare i miglioramenti) ancora per una settimana, anzichè organizzare il ricovero del pazientecompagno il quale, in tutto questo, continua ad avvertire dolori alla piaga, ma più sporadici e meno forti rispetto a prima.

E siamo sì e no ad una settimana di cure e di dieta, con 5 Kg in meno, dati in pasto a quella tazza di bianca ceramica che mi abita il cesso (parlo di pipì!).

E' stato bello vederlo ridere durante i tre quarti d'ora d'attesa  mentre il chirurgo sembrava una pallina impazzita che correva da una stanza all'altra con ancora - oltre noi - una cosa tipo 22 persone che dovevano essere visitate ed erano appena le 20.30, quando io pronunciavo il cognome del medico affiancandoci un affettuoso a bucchin' e mammt'!

E' bello quando sai che c'è prurito attorno, perchè evidentemente la piaga sta chiudendosi.

E' bello quando lui giustamente ti dice che s'è rotto le palle e tu lo porti in mezzo ai chiattilli a cantare questa, mentre tutti ti guardano con la faccia schifata e tu aspetti solo di sentire mezza parola per schiattargli le mascelle. E lo vedi ridere un'altra volta.

E' bello quando sai che questo fine settimana non sarà il primo in cui ti ritroverai, dopo quattro anni, in casa da sola. Perchè lui sarà vicino a te. E non in sala operatoria.




lunedì 20 giugno 2011

Il pescatore e la spina di pesce

Tutto ciò che andrete a leggere è tratto da una storia vera. Quella che sta facendo a cazzotti con i miei neuroni da un po' di tempo a questa parte. E che li sta mandando al tappeto.

Diversi mesi fa il compagno si ferisce ad una gamba. Anzi, ad entrambe per essere precisi. Una lesione in una determinata circostanza, un'altra un po' di tempo dopo. Le ferite si crostificano, ma non si cicatrizzano. Trascorrono i giorni, le settimane. Ma quelle lesioni restano lì, intatte nel loro party di batteri e bruciore. La testa di cazzo mi aveva detto di averle disinfettate, ma solo dopo sono venuta a sapere che le aveva lasciate lì com'erano, credendosi Rambo. Trascorre altro tempo e attorno alle ferite, diventate ormai piaghe, si comincia a vedere un alone rossiccio, poi rosso fuoco, poi viola e rosso. Il dolore, il bruciore, le mie grida che sono arrivate davvero dal padreterno. La sottoscritta si rivolge al medico di base, gli mostra le piaghe e lui non ci capisce un cazzo. L'unica cosa che consiglia è far fare al compagno un ecodoppler per controllare se c'è o meno un'eventuale insufficienza venosa che, nel caso, sarebbe la responsabile della mancata guarigione. Risultato dell'esame: insufficienza venosa cronica degli arti inferiori. Il medico di base gli prescrive un farmaco da prendere a mappate per favorire la circolazione sanguigna, che intanto le gambe si erano gonfiate come palloncini. Le medicazioni con acqua ossiggenata ogni sera e via andare. Non si risolve una beneamata ceppa. Intanto però è trascorso altro tempo, durante il quale s'è dovuto lavorare, camminare, esaurirsi, eccetera. Mi rompo le palle e decido che se ha l'insufficienza venosa è giusto che venga esaminato da una persona competente. Un angiologo e chirurgo vascolare che, trovato su Internet, ha un curriculum vitaemmerd' lungo otto pagine. Uno così nella disperazione ti da affidamento, no? E noi ci siamo affidati, senza sapere che era un macellaio. Dal mese di marzo si va da lui una volta la settimana almeno (circa 100 Euro a botta) per controllare e medicare le ferite. Per 'medicare' intendo assistere ad una vera e propria tortura inflitta al compagno mentre il medico gli estirpava - a suo dire - tessuto necrotico dalla piaga. Che nel frattempo aveva preso la forma quasi di un volto umano con occhi e bocca. E stava anche imparando a parlare. Terapie costose prescritte, file fatte in farmacia per ottenere creme, cerotti particolari, garze eccetera. Tutte cose che devi comprare da te, mica c'hai 'n aiuto!?! Il tempo continua a passare, ma una delle due lesioni continua ad ingrandirsi anche se diventa meno profonda. Io comincio a sospettare che quel medico non è poi così competente, pur essendo il primario di un noto ospedale napoletano. E decido di avere un altro parere. Formia, circa un mese fa. Altro chirurgo, altro ecodoppler che non solo conferma l'insufficienza venosa cronica ma da anche un'altra sentenza: "Sefena ostruita. Ci sarà bisogno di operare." Panico, sconforto. Assieme allo stesso dolore e lo stesso bruciore che non sono mai andati via. Secondo il parere del penultimo luminare, il compagno doveva abboffarsi di diuretici oltre a perdere peso perchè era solo quest'ultimo la causa di tutti il mali. Diuretico per 28 giorni e calza elastica nonostante il caldo cocente. Questa è stata la terapia prescittagli senza neanche guardare le lesioni che si possono curare anche con un po' di alcool, disse. Ma l'insufficienza venosa che ruolo ha, allora, in tutto questo, se è solo il peso il problema? La trama s'infittisce. Il compagno ed io cominciamo a ragionare e lette approfonditamente le caratteristiche di ogni farmaco che il primo maniscalco gli aveva prescritto, appuriamo che trattavasi di principi attivi incompatibili tra loro e che, quindi, con quella terapia non sarebbe mai guarito. Perchè a quelle condizioni se non peggiorava la situazione era comunque come non curarla affatto. Una delle due lesioni, fortunatamente, non si sa come, si chiude da sola. I miei nervi però a un certo punto crollano. Non sopporto più garze, cerotti, betadine, creme e piango. Piango sulla spalla di mio padre mentre gli racconto di quando trovo il compagno sveglio di notte, seduto in cucina, che non riesce a dormire per il dolore alla gamba. Mio padre ha un'illuminazione e mi consiglia un altro chirurgo, sempre napoletano che però ha curato piaghe da decubito profonde e ulcere cutanee anche a persone anziane. Che non è venale e che gode di una reputazione ottima. Che non è fama, attenzione. Prenoto la visita. Due giorni dopo siamo nello studio di un ometto bassino, con la passione per la fotografia e che ci ha trattato come se ci conoscesse da una vita stringendo la mano a entrambi con forza, iniettandoti già da quel momento una buona dose di fiducia. Ecodoppler nuovamente. Solo che questa volta è durato tre quarti d'ora. Visita alle gambe. Da sdraiato e da seduto. In piedi e camminando. Visita alla piaga rimasta aperta. "Lei non ha neanche l'ombra di un minimo d'insuffienza venosa. Questa ferita è stata semplicemente trascurata. E' come se non l'avesse curata affatto. Il punto è che ora s'è formata un'ischemia cutanea (il viola succitato) che impedisce la normale cicatrizzazione. La soluzione è un innesto cutaneo. Tempo una settimana e la ferita si chiuderà sfruttando la pelle che andremo a metterci sopra." Intanto lo medica. E già il giorno dopo la piaga è leggermente ridotta nelle dimensioni. Sono trascorsi tre giorni dalla visita e ad ogni medicazione che gli faccio vedo la ferita diversa. Il violaceo contorno è quasi scomparso e con esso anche il dolore. Salvo i casi in cui cicciobombo ci poggia sopra il peso, ovviamente. Peso che deve assolutamente smaltire. Dovremo tornare da lui martedì e predisporre, eventualmente, il ricovero per domenica pomeriggio. Tre giorni di clinica e poi via, come nuovo. A meno chè, alla visita, non si deciderà che si vorrà tentare la strada della terapia e rimandare l'intervento (se dovesse andar male) a settembre. In tutto ciò ho continuato ad avere tre gatti, due cani, una casa, una mamma disoccupata e un lavoro che nel bene o nel male m'ha consentito di campare con una certa decenza.

Cosa c'entra, direte voi, il pescatore con la spina di pesce?

Un pescatore va dal medico con la mano gonfia e dolente.
Il medico gliela disinfetta e lo invita a tornare tre giorni dopo.
L'uomo per sdebitarsi gli porta una succulenta cassetta di pesce fresco.
Tre giorni dopo la mano è ancora più gonfia.
Il medico gliela disinfetta e lo invita a tornare tre giorni dopo.
L'uomo per sdebitarsi gli porta una succulenta cassetta di pesce fresco.
Tre giorni dopo ancora il pescatore torna dal medico, ormai stremato dal dolore. Ma lui non c'è.
C'è il figlio. Che analizzando la mano del pescatore gli tira via in un attimo una spina di pesce. Spiegandogli che la causa dell'infezione era quella e che da quel giorno non avrebbe avuto più problemi.
Il ragazzo, al rientro del padre, gli comunica l'accaduto. Mosso a tenerezza e con l'orgoglio di aver svolto il suo lavoro correttamente. Il padre però commenta:

"Gliel'hai tolta?!? E mò col cazzo che mangiamo pesce fresco tutti i giorni!!!"

venerdì 17 giugno 2011

In cucina con me

Mi ricollego ad un commento di Ferrettino al post precedente.
Il pulzello ha insinuato che la pizza con la ricotta che faccio io è un pochino pesante.
Ragion per la quale avrei dato di stomaco davanti all'ignaro quanto stronzo elettore.

Smentisco categoricamente!

E sono pronta a provarlo riportando testè la ricetta della suddetta leccornia, con tanto di tempi di preparazione. Così facendo inauguriamo (qui il plurale maiestatis ci vuole, non me ne vogliate) una rubrica che avrà certamente successo: "In cucina con me."

«Abbè e chi se ne frega?» , direte voi. A me frega. E questo basta.
Bene, cominciamo.

PIZZA CON LA RICOTTA

Occorrente per l'impasto:

un pacco di farina
un cubetto di lievito
acqua calda
olio
un pizzico di sale
igiene scarsa

Occorrente per l'imbottitura:

800 gr di ricotta
200 gr di prosciutto cotto
100 gr di parmiggiano grattuggiato
una confezioncina di besciamella già pronta possibilmente non scaduta
un po' di pepe
igiene scarsa

Preparazione dell'impasto:

in una ciotola piuttosto grande mettere la farina (non so quanta, io mi regolo con l'esprienza ormai. Quindi mettetene tanta da poter fare un impasto da dividere in due in un secondo momento. Ma non troppa altrimenti sa di farina e vi blocca la trachea mentre mangiate), un filo d'olio, un pizzico di sale e il cubetto di lievito precedentemente sciolto in una tazza d'acqua calda. Impastate. Se vedete che l'impasto risulta essere particolarmente azzeccoso, aggiungete un po' di farina e liberatevi le mani prima che il succitato prenda vita e cominci ad abitarvi casa. Fatto ciò, quando vedrete una specie di pagnotta cruda nella ciotola, copritela con un canovaccio sporco e lasciatela riposare.

Preparazione dell'imbottitura:

in un'altra ciotola mettete la ricotta, il prosciutto tagliato a pezzettini, il parmiggiano, un pizzico di pepe, la besciamella come se piovesse e, se volete, un pizzico di sale. Impastrocchiate tutto e schiaffate in frigo.

Andatevene in un'altra stanza mentre l'imbottitura s'insaporisce e l'impasto cresce e mettetevi a chattare su splinder o facebook leggendo le cazzate che scrivono i vostri contatti. Tornate in cucina dopo 'na mezz'oretta e vedrete l'impasto che è diventato un bimbo di 5 kg già patentato. Non abbiate pietà. Strappatene un buon 60% dall'intero (pezzo che vi serve per creare la base) e stendetelo in una teglia bassa dopo averla oleata un po'. Ora ricoprite la base con la pastrocchia di ricotta e altro che c'è nel frigo. Fottetevene se ha già socializzato coi pomodori e con le uova o se piange perchè non vuole dire addìo alla busta di latte. Non l'avete creata per farla vivere, ma per mangiarla. Piazzatela sulla base d'impasto precedentemente stesa facendo attenzione che capiti un po' dappertutto. Prendete la seconda parte dell'impasto e stendetela sul piano di lavoro della cucina. Possibilmente sporco. Fatto ciò avete creato la copertura della vostra pizza. Ora il difficile sta nel fatto che dovrete prendere 'sta copertura di pasta filante e piazzarla su base e imbottitura senza farla rompere. Fatelo come vi pare, io ormai c'ho preso la mano e non ho problemi. Coperto tutto accertatevi che il perimetro della pizza sia ben chiuso altrimenti la ricotta tenterà la fuga, imbrattandovi il forno. Bene. Adesso informate. 180° per circa venti minuti. Ogni tanto controllatela per vedere se ha bisogno di qualcosa e non lasciatevi ingannare dall'odore che vi spande nell'aere di casa: ancora non è cotta! Quando la vedrete di un colore bello invitante come il pane non troppo scuro nè troppo chiaro, sarà cotta.

Servire fredda.
Possibilmente non la sera prima d'incontrare un coglione, al seggio elettorale.


Ps: caro Ferre, come vedi la suddetta non è pesante.
[...]
'Abbè rileggendo forse un pochino.
[...]
'Na 'ntecchia, un pochetto.
[...]
'Abbè, magari un po'.
[...]
Comunque buon appetito!


In cucina con me

domenica 12 giugno 2011

Quando scappa...oh, scappa!

Sono andata al seggio stamattina in terra natìa. Con gli occhiali da sole e un foulard che mi svolazzava al collo, complice il vento tiepido che portava sotto il naso di ognuno odore di piccola metropoli tutt'ora considerata ridente comune vesuviano. Dicevo, vado al seggio. Grande bordello, gente che con le pastarelle in mano usciva col sorriso tatuato in faccia certa di aver mosso il culo per una buona causa, oltrechè per un proprio diritto. Di aver rinunciato al mare perchè tutto sommato ne valeva la pena mi è capitato di sentire...Venendo a me, tutto ciò che mi importava davvero, oltre che esprimere le mie positive preferenze referendarie, era anche non essere riconosciuta da cani e porci. Che m'avrebbero salutata e trattenuta a chiacchierare tutti delle stesse cose più o meno per 20 minuti a testa, costipando la mia presenza in provincia per più di una mezza mattinata. Ed è qui che il foulard (accessorio che non sono abituata a portare e che ho cosparso di nafta per poi dargli fuoco una volta tornata a casa) non m'è servito a 'na ceppa. Tutti in strada, tra ex compagni di scuola, conoscenti e parentucoli che non vedevo da una vita e tutti a salutarmi per chiedermi, non necessariamente nell'ordine:

- Allora, come stai? E' tanto che non ti vedo...
- Che fai, lavori?
- E che lavoro fai?
- E da quanto convivi?
- E ancora non l'hai fatto, un bambino?


La risposta che mi viene sempre in mente è semplice: "Ma una badilata di cazzi tuoi non sai fartela?" Comunque sopravvissuta agli impiccioni, cominciavo tuttavia a non sentirmi molto bene. Nausea, capogiri e senso d'inadeguatezza i sintomi. Faccio finta di niente e cercando di imitare un'espressione salutare, voto. Con orgoglio (il mio) e pregiudizio (nei confronti del governo ladro). Uscita, incontro un tizio che non vedevo da anni. Fortunatamente per me. Non l'ho mai potuto soffrire. Avete in mente quei tipi saccenti, tuttologi, logorroici ed egocentrici? Si, si. Uno di quelli da impiccare in piazza. Ebbene lui non è da meno e chiede, fa domande. Per cercare d'ignorare il malessere e distrarmi, gli do corda. Chiacchieriamo del più e del meno fino ad arrivare al punto cruciale: il referendum. Io affermo senza alcun problema (sebbene con una certa fatica visto che cominciavo a sentire la pizza con la ricotta - da me medesima fatta ed infornata - mangiata la sera prima, arrivarmi in gola e ritornare giù) di aver votato 4 sì. Lui guarda in basso e dice di aver votato sì, per l'acqua, e due no. Non faccio in tempo a chiedergli perchè che il tipo comincia a giustificarsi: «Perchè sai, non trovo giusto il fatto che l'Italia debba continuare a comprare energia da altri paesi...perchè sai, un capo di stato non può effettivamente trovare il tempo di andare in giro per tribunali, con tutto quello che ha da fare...Perchè sai, io poi...Perchè sai, il paese, poi...perchè sai, la gente poi...» Mentre parlava ho cominciato a vedere doppio. Come se vedersi davanti agli occhi un solo coglione non basti. Poi quella doppia umanità l'ho vista sfocata, poi sudavo, poi la pizza con la ricotta in gola, poi l'ennesimo giramento di testa e poi... BUUUH, BLEAH, BLEAH, BLEAH, BUUH, Blehaaa, Blehaaa...Finito.
In sostanza gli ho vomitato addosso. Almeno per la prima orale evaquazione visto che il subdolo s'è spostato con un felino balzo all'indietro guardandosi schifato la camicia che indossava, certamente firmata, ma ormai rovinata dai miei succhi gastrici.
In un attimo mi sono vista circondata da almeno una decina di mani che mi offrivano fozzolettini di carta o bicchieri d'acqua. Mi sono pulita la bocca, ho bevuto e poi sputacchiato senza ritegno mezzo litro d'acqua pubblica, mi sono scusata con lo stronzo che ha poi provato a chiedermi di pagargli la lavanderia per camicia e pantaloni - richiesta che s'è risolta in un mio strategico: "Pensaci tu poi mi fai sapere quanto ti devo. Questo è il mio (falso!) numero di telefono." - e mi sono sentita veramente meglio.
La mattinata è stata liberatoria.
In tutti i sensi.


Ps: che nessuno di voi si azzardi a pensare o affermare che la pizza con la ricotta che faccio io fa vomitare.
E' chiaro?!

mercoledì 8 giugno 2011

Levane tacco e cresta e vedi che ne resta

Voglio raccontarvi una storia. I protagonisti sono un ragazzo e una ragazza che, per comodità, chiameremo Pinco e Pallina.

Pinco è un mio caro amico. Il migliore, diciamolo. E' uno brillante, simpatico, di quelli che vorresti sempre incontrare nella vita. Specie quando devi dare una mano di vernice alle pareti o quando la moto ti lascia in panne. Ha un buon bagaglio culturale e lo sguardo dolce come il miele.

Pallina l'ho vista sì e no due volte, ma in entrambi gli episodi mi ha dato l'impressione della versione cafona di femme fatal. Tutta acchittata, anche sul posto di lavoro. Ingioiellata di bijotteria, truccatissima nonostante il sole cocente e vestita di tutto punto. Tacchi compresi.

Pinco e pallina s'incontrano. O meglio: è Pinco che incontra Pallina e gli piace quasi subito. A lui è sempre piaciuto quel genere di femmina tipo barbie, ma come sappiamo, ognuno c'ha i problemi suoi. Dopo un po' di chiacchiere e un lungo periodo in cui Pinco non riusciva a rendersi conto se anche Pallina nutriva dell'interesse nei suoi confronti, nonostante lei gli parlasse continuamente del suo ex, solo del suo ex e nient'altro che del suo ex, me la fa conoscere. Lei gli chiede se gli va di raggiungerla in un Pub, una sera di novembre e lui lo fa. Ma si porta dietro la testimone oculare. Io. Serata riassunta: Pinco ed io con un bicchiere di succo di frutta in mano, fuori il locale, e Pallina che saltava da un punto all'altro della sala interna o esterna. Lì dov'era il suo ex.


«Pinco, ma non è che stiamo facendo la figura degli imbecilli?» , gli chiesi dubbiosa mentre tutti ci guardavano. Noi, statue infreddolite con in mano bicchieri di plastica.
«Ma no, ma no. Bevi il succo, tiè!», mi rassicurò lui aggiungendo che tanto lì non ci conosceva nessuno.

La serata trascorse lentamente, lentissimamente. Ogni minuto era una conquista, ogni sorso di succo d'ananas che mi bagnava la gola rappresentava il tempo che mi scivolava addosso e la distanza spazio temporale che c'era tra me e tante altre ragazze lì presenti, tutte fresche di parrucchiere, tacco a spillo e culo al vento nonostante il freddo gelido. Gli ultimi venti minuti Pallina si ricordò di noi e ci raggiunse fuori, cominciando un'interessantissima chiacchierata sulla sua situazione lavorativa da precaria. Fu un susseguirsi di conti matematici durante i quali Pallina, col nostro supporto morale e anche quello del V rum che sorseggiava in sequenza ad altri 4 ormai finiti nei meandri della sua materia celebrale, si chiedeva se nella sua vita ci sarebbe stata mai una pensione. La serata si concluse e durante il viaggio di ritorno Pinco mi chiese cosa pensavo della gentil pulzella.


«Ma guarda...non è male.»
«Non ti piace.»
«No, ho detto che non è male.»
«Appunto. Non ti piace.»

Trascorre il tempo (quasi un anno) e i due continuano ad incrociarsi sul luogo di lavoro. Intanto per lei l'ex diventa un ricordo, almeno in apparenza, e finalmente Pinco si decide a chiederle di uscire. Loro, da soli. Lei accetta e i giovincelli iniziano a frequentarsi. Vanno a pranzo insieme, in montagna, a cena, al cinema, a casa di un amico comune. E non succede una beneamata cippa, se non qualche bacetto e una maniatella interrotta dalla donzella tutta occhioni e occhiolini, ma pochi fatti. I due si sentono quasi ogni giorno fino al momento cruciale: il fine settimana insieme, da un amico di Pinco, anche mio conoscente. Lui è partito come un avanguardista, con lo sguardo simile a quello di un cavaliere crociato, al grido: "Se non me la trombo in tre giorni, quando torno, sputami in faccia!" Da parte mia silenzio. Solo speranza. Per non sembrare l'amica apprensiva e appiccicosa non ho chiamato manco 'na volta, durante il week end galeotto che i due stavano trascorrendo tra mare, cibarie e (si sperava!) gemiti vari. Ho atteso il suo ritorno come una madre. Preoccupata, curiosa, ma mai impicciona. Una mamma un po' fuori dal comune, comunque. Lui torna e mi chiama il giorno dopo. Con voce squillante mi dice che è stato un fine settimana splendido, che si è divertito tanto, che si è rilassato e che finalmente è pronto a riprendere il tran tran quitidiano. Ma non arriva al punto, tergiversa. C'arrivo io, com'è mia caratteristica:

«Dimmi solo 'na cosa. Te la sei fatta?»
«No, cazzo!»
«Ma come no?!»
«La prima sera lei m'è zompata addosso. Sembrava una furia, un'assatanata! E io che pensavo evvai, stasera si pompa! Poi a un certo punto lei si ferma, praticamente sul più bello, e mi dice che non se la sente, che io non sono un tipo da una botta e via, che sono un bravo ragazzo col quale varrebbe la pena farsi una storia seria e che lei avrebbe pudore nei miei confronti vedendomi poi a lavoro, dopo una notte di sesso.»
«Scusa, ma tu che le hai detto?»
«Che se voleva il giorno dopo manco l'avrei salutata...»
«E lei niente?»
«No, niente. M'ha fatto andà a dormì col mal di capa! La sera dopo niente, ognuno ha dormito per fatti suoi. L'ultima sera la scena s'è ripetuta. Mi sono accostato a lei da dietro, mentre era su un fianco. E praticamente gliel'ho poggiato.»
«Ma dove?»
«Mi sembrava il culo.»
«Conoscendoti erano i reni...comunque?»
«Embè lei s'è girata e m'è salita 'naltra volta addosso. Pareva 'na jatta, c'aveva uno sguardo che ti faceva proprio venire voglia!»
«E poi?»
«E poi ha ricominciato ancora con la stessa tiritera della storia seria, che io sono un bravo ragazzo eccetera. Ed è scesa. M'ha fatto alzà la bandiera e poi un mal di palle che non ti dico.»
«Ma scusa lei non ha minimamente considerato il tuo punto di vista? T'ha detto che non se la sente d'impegnarsi, ok. Ma non ti ha chiesto se te la senti tu, da quel che m'hai detto. E allò se non sa manco che cazzo vuole, che t'ha cercato affà tutto 'sto tempo?»
«Guarda non lo so. Non è un fatto economico perchè varie volte ha insistito per pagare lei, quindi non è una scroccona. Non s'è trattato di questo. Secondo te, tu che sei donna (abbè, donna mò...), perchè s'è comportata così? Tu quando hai iniziato un atto, l'hai sempre portato a termine o anche tu l'hai stoppato sul più bello qualche volta?»
«A me non è mai successo. Quando ho iniziato, ho concluso. Perchè se ho iniziato ho anche pensato che ne valeva la pena...»
«Ecco, vedi? Oggi a lavoro il gelo. Freddura, soprattutto da parte mia.»
«Comunque non so che dirti, veramente. Però mò te lo posso dire che a me non è mai piaciuta molto...»
«Lo sapevo già, ma il dubbio resta.»
[...]

Sondaggio: perchè secondo voi Pallina s'è comportata in questo modo? Io anche se sono femmina non c'arrivo, veramente.
Secondo: c'avete mica un'amica sui 30 anni, carina, da poter presentare a Pinco? Garantisco io per lui! Non c'ho mai trombato nè mai accadrà, ma da quel che ho saputo rende.
Dimenticavo: possibilmente che sia una persona consapevole di ciò che fa e che, soprattutto, non pensi per due.

domenica 5 giugno 2011

Opinioni discutibili

Io al compagno qualche giorno fa:

«Uagliò ma guarda che panza che hai fatto, n'altra volta. Pari incinto. L'avevi mandata giù e mò ti stai rimpinzando un'altra volta di schifezze. Che spaccimma cucino affare io in modo ipocalorico se poi ti magni il cornetto con la Nutella al bar?»

[Silenzio]

Risposta:
«No, ma quella non è panza. E' la maglia che fa difetto...»


Io al compagno, un po' di tempo fa:

«Te l'ha detto anche il medico che devi mangiare con moderazione. Devi mangiare di tutto. Pure il gelato, se capita. Ma poco. Così non ti fai mancare niente, ma non diventi una balena spiaggiata. Domani mattina ti devi fare le analisi, oì! Speriamo che non t'escono i trigliceridi a mille!»

[Silenzio]

Risposta:
«Io ti ringrazio, ma se è una cosa voglio murì sazio.»

Analisi del sangue ritirate pochi giorni dopo. Perfette. Ogni valore nella norma che manco uno di 15 anni. Tornato a casa, l'amara e falsa notizia:

«C'hai il diabete! Hai visto? Io che t'avevo detto? Mo' ti metti seriamente a dieta e basta schifezze!»

Lui sbianca e comincia quasi a piangere . Mi fa pena e gli dico la verità subito dopo.
Sospiro di sollievo, poi commento:


«Usciamo a mangiare un gelato?»

Ce vole tanta pazienza...

sabato 4 giugno 2011

La legge morale sopra di me, quella della ciucia in me.

Premetto che non ho una grande stima per gli uomini. Col tempo, la disistima, è diventata satira. Di quella che ti fa ridere veramente con la pancia in mano. Sono pochissimi gli uomini che guardo in faccia mentre parlo, forse giusto tre, salvando la buona pace di chi non ho ancora mai incontrato o che non vedo da una vita.
Il mio compagno, mio padre e Roberto. E questo perchè quella strana razza a tre gambe, fa soltanto figure di merda. Specie se si tratta di rapportarsi a noi femmine, che comunque non è che siamo poco esigenti, diciamolo. Se uno fa così, doveva fare cosà. Se fa cosà, avrebbe dovuto fare così. O comunque doveva essere d'accordo con noi per essere perfetto. Perchè noi siamo femmine e abbiamo sempre ragione.
E' inuitle che negate. Lo pensate tutte.

Se un uomo non ha spirito d'iniziativa lo accusiamo di non averne, ma appena lo tira fuori puntualmente non fa mai quel che intendevamo noi. Ma qualcos'altro che è considerabile una stronzata. Quindi: "Se devi prendere iniziative personali e rompere il cazzo non lo fare. Faccio tutto io! Perchè sono forte, io! Perchè posso anche vivere da sola, io! Perchè se te ne vai esco con le amiche, io!"
Per poi metterci a piangere pateticamente con il barattolo di Nutella e il film di Bridget  Jones in Dvd.

Ma tornando alla scimmia, c'è un'imprescindibile verità. E' inelluttabile e non si può toccare.
L'uomo ha il cervello a forma di triangolo.
No, io non generalizzo. Ma se mi presentate un uomo che non pensa sempre alla stessa cosa o per il quale ogni istante della giornata non sarebbe un buon momento, per me diventa un guru.
E con l'avanzare della tecnologia è diventato prima scaleno, poi isoscele, poi è tornato ad essere equilatero. La scimmia, che fa? Si piazza dietro ad un computer e manda messaggi al mondo femminile. Cerca di capirlo, di entrare nelle teste di quelle pazze, di supporre, di pensare al posto loro e anticiparne le mosse. Tutto ciò perchè cerca il triangolo. Lui sa di avere quella forma geometrica in testa, ma solo inconsciamente. A livello conscio, infatti, è certo di avere neuroni a iosa e il giusto pompaggio di sangue. Ma l'inconscio ha un potere che supera di gran lunga la volontà umana. Almeno quella superficiale, quella che noi riusciamo a vedere. Si, perchè l'inconscio è la vera volontà. Quella di cui non ci rendiamo conto, ma che c'è. Quindi la scimmia cerca il noumeno, la vera essenza della sua vita.
Convinto che quella sia tutta la realtà possibile.
Una cosa tipo: la legge morale sopra di me, quella della ciucia in me.
E che deve fa, porello...S'adatta ai tempi. E allora usa il Pc.
Li vedete iscritti a Facebookmessengerbaboosplinderskypewordpress (prendete fiato!) perchè quel triangolo vorrebbe toccarlo, vederlo, giorno e notte. Ammirarne il contenitore per lui è solo un contorno, un in più. E' il suo vero io che cerca, sempre. E quando si relaziona con quella parte di mondo cosiderata da egli stesso un mistero, scatta l'imbarazzo. Quindi, conseguenzialmente e non necessariamente in sequenza: la paraculaggine, l'egoismo, il materialismo, l'egocentrismo, l'infantilismo. Poi, davanti all'evidenza sbattutagli in faccia come uno schiaffo a mano aperta: sudorazione, gola secca, incapacità di emettere suoni non monosillabici, difficoltà di deambulazione, pruriti un po' ovunque. Giusto per dirne alcune. E' un po' come se ognuno di noi, improvvisamente, si trovasse davanti all'essenza di se stesso. Una sorta di clone, che però è il nostro vero io. Una cosa piuttosto scioccante, comunque la si giri. Ecco che nascondersi dietro un Pc può essere d'aiuto. In uno scambio di messaggi on line sono d'ausilio google e wikipedia, che gli permettono di trasformare un diploma serale in una laurea con tripla specializzazione. E poi c'è l'immaginazione, il chiedersi com'è, se lei è davvero la ragazza perfetta che sembra essere. Per quanto riguarda un'eventuale valvola di sfogo quando il dialogo è terminato c'è youporn, quindi non manca niente. E le scimmie che, involontariamente, si prestano a questa sorta di statistica femminile, sono in netto aumento. Ma in effetti, cosa vogliamo contestargli? Cercando il triangolo attraverso internet, non c'è possibilità d'errore: on line è tutto perfetto, non c'è tono di voce (se non quello che vorremmo ci fosse), non c'è mimica facciale, non c'è palese espressione di schifo ad una battuta squallida che manco i cartoni animati per bambini [che lui guarda sempre ogni mattina]. C'è solo quello che vogliamo, rigorosamente nel bene. A questo punto ogni scimmia si trasforma in un latrin lover senza pietà, che su messenger ha aperte 86 finestre di dialogo e, ad ognuna, dice che è l'unica. E quello veramente lo pensa, non racconta stronzate! Lui pensa che ogni femmina è unica nel suo genere e che ogni triangolo è differente dall'altro. Da non molto tempo l'orango ha messo da parte le classiche chat o i siti d'incontri (perchè lì poi ti ci devi incontrare, con quella. E alle altre 85 che racconti?) per passare ai forum creati soltanto per le donne. Dove le femmine si raccontano, si svelano, si spogliano dei loro segreti sicure di dialogare virtualmente con altre donne, anzi, sorelle. Si rapportano l'una all'altra su tematiche varie e si confrontano cercando insieme di trovare inutilmente una soluzione, che però epiloga sempre in un: "Grazie cara. Almeno mi sento meno sola."
E lui guarda avatar, analizza, legge, cerca di capire. E scrive. Tenta. Ci prova. Ma talvolta compie un clamoroso errore morfologico al principio: la scelta del nickname. Ora, voglio anche capirlo che stai cercando la chiantella del secolo, ma che cazzo mi rappresenta che t'iscrivi a un forum femminile e ti piazzi come nick lamateidealexlei?!  Tralasciando il fatto che una cosa del genere nun se po' guardà, ma come speri di procacciarti il pane se esci con appeso al collo un cartello con su scritto: "Datemela." ?
Anche qui la tattica non cambia. Lui scrive all'unica delle 124 donne prescelte e ovviamente, per una questione di mera ipocrisia, glielo dice. Perchè spera di toccare le corde della tenerezza, insite schifosamente in ogni femmina.

Giusto per riportare un esempio, faccio copia e incolla di qualche messaggio ricevuto su un forum al quale sono iscritta per quando m'intalleo su internet:

lamanteidealexlei: "salve terry...vorrei tanto chattà cu tte...ma non so proprio da dove iniziare..."
tessy842: "Non iniziare."
lamanteidealexlei: "E perche me lo sconsigli? In effetti nun me piace chatta... Facciam così messaggio solo cu tteee"
tessy842: "Guarda che hai sbagliato palazzo. Io sono un uomo e cerco figa come te. Mi spaccio per una donna solo perchè queste rimbecillite parlano solo con altre donne qua sopra. Poi gli dirò che sono un uomo a tempo debito. Quindi non scassare il cazzo." (Pura autodifesa)
lamanteidealexlei: "Ah, scusa compà. Ciao."

Afferrato, annegato e imbalsamato. Ma in effetti, come si potrebbe fare a meno di tutto questo? Cosa ci resterebbe per ridere di cuore? Berlusconi? Eh. Ma quell'è un uomo pure lui.



La legge morale sopra di me, quella della ciucia in me.

giovedì 2 giugno 2011

Una telefonata. Dalla mia casa vuota.

Io non sono pazza. Ma se chiamate la neuro male non fate. A prescindere.

Fino a due giorni fa non ero a Napoli, ma oltre il Garigliano. Posto dove mi reco piuttosto frequentemente per svariati motivi. Ovviamente, quando parto, porto con me i canotti. I gatti (tre mici buffi e pelosi dei quali sono felicemente ostaggio) restano a casa. E vengono accuditi da una persona della quale mi fido e che gironzola segretamente con le chiavi di casa mia. Una sera, come ogni sera, ero col compagno e i cagnoni e passeggiavamo lungo uno dei viali pieni di lucciole che mi circondano casa in quella zona dove, ancora per un po' in questo periodo - visto che tra non molto arriveranno gli zulù e ci resteranno fino ad agosto inoltrato - , non si sente nulla. Nessun rumore. Se non quello del mare, il verso dei grilli e quello delle rane che bivaccano in uno stagno vicino. La solita passeggiata serale, insomma. I cani mollavano e io li inseguivo con busta e paletta. Torniamo a casa, mi addivano un secondo prima di spogliarmi per andare a letto, afferro l'iphone e trovo una chiamata persa. Già il fatto che alle 1.40 di notte m'arriva una telefonata non è stata una cosa che m'ha dato subitaneo conforto, sinceramente. Ho pensato al peggio, ma ho davvero rischiato l'infarto quando ho visto che quella telefonata era arrivata da casa mia. Vuota. No, non sono rincoglionita. Cioè un po' sì, ma non fino a questo punto. Premettendo che già tre anni fa qualche scimmia s'è arrampicata sulla facciata del palazzo, m'è entrata in casa ed ha afferrato l'afferrabile, potete facilmente immaginare come mi sono sentita...
Quando ho detto al compagno quel che stava succedendo la mia paura è aumentata vedendolo diventare prima bianco, poi viola e poi verdognolo. Cerchiamo di capire e richiamiamo. Nulla, telefono staccato. Non occupato o squillante a vuoto. Staccato proprio!

«Cazzo. Ci sono i ladri, è sicuro.»
«Abbè - sbotta lui - , si pigliano i colli di cazzo questa volta. Praticamente ci siamo portati dietro tutto...»
«Miezu scè! Il mio computer sta a casa! E poi che cazzo ne sai se non ci distruggono i mobili perchè si so' incazzati che non hanno trovato niente?»
«Non penso sia possibile. Farebbero bordello. E poi da dove entravano?»
«E se hanno sgamato che Giorgio c'ha le chiavi per andare dai gatti, l'hanno torturato, se le so' fatte dare e so' entrati a padreterni? Vabbuò, comunque chiamo la polizia. Tu prova ancora col tuo cellulare a chiamare a casa e vedi se ti risponde qualcuno.»

Mi faccio subito passare il 113 di Napoli.

«Si, senta mi chiamo pincopallina. Io mi trovo a Formia, ma ho ricevuto poco fa una telefonata da casa mia. Che però, da quanto ne so, doveva essere vuota!»
«Ma che sta dicendo?»
«Sto dicendo che evidentemente c'è qualcuno in casa!»
«Ma lei mi sta dicendo che ha ricevuto una telefonata sul cellulare dal numero di casa sua?»
«SI!»
«E che a casa sua non c'è nessuno?»
«Non dovrebbe, ma se ci sono i mariuoli io la palla magica non ce l'ho!»
«Ma lei è sicura che quello è il numero di casa sua?»
M'incazzo.
«Senta, tagliamo corto. Io non sono ubriaca, non mi drogo. Sono perfettamente lucida e so che cosa le sto dicendo! Restiamo al telefono o vedete di mandare una volante almeno a fare un controllo dall'esterno? Io comunque sto salendo in macchina e sto venendo a Napoli...»
«Si, mandiamo subito la macchina. Comunque la richiamiamo e le facciamo sapere qualcosa.»
Corsa disperata verso casa. Ma disperata veramente. Considerando che non c'è stata la testa di montare il navigatore e che, quindi, m'aspetta una cartella di multe da cagarci dentro.
Durante il tragitto i pensieri volavano, così come cresceva la preoccupazione. A un certo punto il mio compagno ha una sorta d'illuminazione:

«Senti, ma non è che so' stati i gatti a fare qualcosa? Prima di partire noi abbiamo montato la Wifi a casa e per controllare che fosse tutto a posto ti sei chiamata sul cellulare con uno dei due cordless, ti ricordi? Non è che uno dei gatti è salito sulla scrivania e ha pigiato il tasto ed è partita la chiamata?»
«E com'è secondo te che mò chiamiamo, ma risulta staccato?»
«Non lo so, magari per giocare hanno pure staccato i fili...»
«Abbè, se la polizia ci richiama questo non glielo diciamo...Comunque se troviamo il cordless staccato dalla base, o per terra o solo con la tastiera all'aria sulla scrivania sicuro so' stati i gatti.
E io li scanno.
»
La polizia mi richiama e mi dice che, almeno dall'esterno, sembrava tutto regolare. Non un rumore, nessun segno di scasso o simili.
La tesi felina cresce.
Arriviamo a casa. M'aspettavo di trovare qualcosa o qualcuno. Una traccia, un segno. Invece nulla. I telefoni erano esattamente come li avevamo lasciati, poggiati ognuno sulla propria base. I fili erano attaccati. Il router spento.
Che cazzo è successo? Eh, booh! Lo sapete voi?
Ci tratteniamo un pochino a casa, anche per cercare di capire o quantomeno per riprendere le normali funzioni cognitive dopo uno stress del genere. Mi coccolo i gatti e gli spiego che saremmo tornati praticamente dopo qualche ora. Ripartiamo. Attraversiamo strade albeggianti col cielo tinto di celeste chiaro, rosa e color oro. Ovviamente il sonno è andato a farsi fottere, ma non il dubbio. Arrivati, tra gli uccellini che cinguettavano e i cani che con gli occhi ci chiedevano dove cazzo eravamo stati fino alle 6.00 del mattino, abbiamo preso il caffè controllando il Pc.

Giusto per vedere se da casa, per caso, fosse anche arrivata qualche email.