sabato 5 febbraio 2011

Post-it

Lo scrivo qui soprattutto per me, per lasciarne vivo il ricordo semmai dovessi - tra qualche tempo - tornare a leggermi. Una specie di post-it giallo attaccato al frigorifero.

Ieri sera non sapevo dove andare. Dopo essere stata al solito bar dove c'è il vecchio sordo che chiamo affettuosamente NONNO!!! a piazza Bellini, non volevo tornare a casa. Sai quando vuoi essere ovunque, meno il posto in cui ti trovi? Ecco, così. Allora ho fatto patti chiari con la moto.


«Ciccina io non so dove andare. Decidi tu che mi scoccio di pensare.»
Abbiamo cominciato a percorrere strade su strade, fino ad arrivare in tangenziale. Ovviamente la macchinetta automatica del pedaggio mi ha mangiato un Euro prima di accettare gli altri 80 centesimi, ma ormai avviene quasi di default. Quindi non ci faccio più caso, e non ci baderò fino al giorno in cui comprerò l'agognato fucile a canne mozze. Cammina, cammina, una marcia e l'altra  siamo arrivate a Fuorigrotta.  Comunicazione per i polentoni che leggono questo luogo di perdizione: Fuorigrotta è un quartiere di Napoli, a mio avviso anche il più bello. Più avanti capirete il perchè.

La monocilindrica nero antracite satinato mi ha fatto rivedere tutti i luoghi in cui sono stata nel corso dell'adolescenza. O almeno nel corso della parte che per me è effettivamente contata qualcosa, insomma. Due anni di idillio, quando non c'erano grossi pensieri, nè pagamenti da fare, nè scadenze da rispettare. Quando c'erano solo passioni e rappresentavano praticamente tutto.  Rivivere nella mia mente situazioni, cose e persone, mi ha provocato un notevole sconforto e l'inesorabile quanto impossibile desiderio di tornare indietro nel tempo. Di dieci anni o pressappoco.

Al ritorno, in tangenziale, mi sono fermata ad un autogrill dove ho dato sfogo a tutta la mia verve malinconica comprando la cioccolata Lindt in possesso della struttura. E per il mio intestino, che non è abituato a mangiarne più di un pezzetto ogni tanto, ha significato dare a sua volta libero sfogo alla cacarella. Ma importa poco. Ne è valsa la pena.

Arrivata a Napoli altra tappa obbligata: bar per cappuccino caldo. Quello che voi bontemponi dovete sapere è che io sono un po' il pungiball emotivo di chi lavora parecchie ore al giorno e magari, in piedi. Leggasi barman, salumieri, tassisti, autisti in genere, commercianti. Sempre e comunque maschi. Non esula dalla categoria il barista dal quale sono andata ieri: Peppino.

Doverosa precisazione: la figlia più piccola di Peppino ha la mia età, quindi non scassate le palle con allusioni di qualsiasi tipo.

«Peppì mi fate un cappuccino?»
«Infreddolita? Eh, tu chissà che combini!»
«Veramente sto solo venendo dalla tangenziale con la moto...»

Tra un ehadessocosìsidice e un altro tuchiossapchevaifacendo con aggiunta del tieniunpocotroppopepe lo vedevo armeggiare col mio cappuccio, come se stesse forgiando una scimitarra. Quando me l'ha servito sono rimasta mezza sbigottita.
Senza dubbio mi ha riscaldata tutta.
Anche il cuore.


Post-it


4 commenti:

  1. Una cosa del genere mi è capitata un mattino al bar.
    Niente di chè, però le cose inaspettate a volte riescono proprio a farti pensare per un attimo che esiste qualche appiglio anche per te, da qualche parte.

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  2. lo so non c'entra niente, ma faccio il commento al titolo del blog: io se rinasco..... vorrei essere uno scarabeo stercorario, praticamente un ruzzolamerda....
    grazie del commento

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  3. sono quelle piccole cose che cambiano senso alla giornata ... Buona serata.

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  4. Beh, bisogna dire che prima la dolcezza lindt ha preparato il cuore, poi questo l'ha scaldato bene :)

    Pié

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