La cardarella è poliglotta. Translate!

10 dic 2013

dicembre 10, 2013 - , No comments

Pronto, papà.

 Qui non c'è da inmaginarsi la prima volta che mio figlio dirà 'mamma!'. 

Magari in un turbinio di coccole sul letto, con gli occhi dolci e una carezza in più, o magari tutto incazzato perché l'ho poggiato un attimo per terra che dovevo correre a fare pipì. 
Ma c'è da fantasticare sulla prima volta che mio figlio dirà 'nonno!'.
Sarà allora che qualsiasi fatto accaduto durante il lustro precedente non avrà storia, anche se sui libri di storia è riportato. 
Sarà allora che mio padre, il nonno di cui sopra, diventerà definitivamente nu strunz. 
È stato un percorso deciso, ma graduale. Ha cominciato a rincoglionirsi quando, ormai al sesto mese, la mia pancia era evidente. E allora mi portava cibo, quello che secondo lui avrebbe fatto bene al nano. Quando il pargolo è nato è stata un'ascesa al rimbambimento senza soluzione di continuità. Ogni giorno in clinica per tre giorni, a scattare foto oltre il vetro che lo separava da Alessandro; tornata a casa si sarebbe volentieri accampato in una canadese, pur di vigilare ed essere sicuro che andasse tutto bene. Ma visto che non ha potuto farlo, ha preso a chiamare tre o quattro volte al giorno. La telefonata è più o meno sempre la stessa: "Ha mangiato? Ha dormito? Tutto a posto? (Dove per 'tutto a posto' s'intende: piange? Gli manca qualcosa? Glielo porto io?)". 
A me, ovviamente, manco un fetentissimo come stai, ma vabbè. Ogni volta che corre per venire a stare col piccolo si presenta nel peggiore dei casi con le arance che devo mangiare 'perché fanno bene a lui'. Altrimenti con un cappellino, una tutina, un paio di calzini. 
"Papà ma non spendere soldi. Questo cresce a vista d'occhio. Una cosa mò gliela metti e mò la devi togliere di mezzo che è piccola." 
"Fatt e cazz tuoje."
Già blatera di quando se lo porterà allo stadio o gli comprerà il primo pallone. Di quando gli darà i consigli sulle femmine o gli controllerà i compiti. E qui c'è da capire io dove sarò. Probabilmente legata a una sedia e imbavagliata. L'ultima volta ha portato una palestrina al piccolo. Di quelle che hanno una copertina morbida e due archi fissati sopra con tanti giochini rumorosi appesi. Alessandro che pur essendo un bimbo precoce è comunque ancora piccino, la guardava, era attratto dai colori, ma non è certamente impazzito. 
A mio padre ho dovuto quasi fare acqua e zucchero: "Ma non gli piace?" 
"E perché non gli piace?"
"Uh marò, Ale guarda che bella!", diceva in preda allo sconforto vedendo il nano che cercava solo la tetta. 
Eh, son cose. 
Ieri il bimbo è stato vittima del suo primo vaccino. Dover arrivare entro un certo orario in un posto a otto km da casa non è certo una cosa semplice se prima devi svegliarti, svegliare il piccolo, farlo mangiare, lavarlo, vestirlo, calmarlo, lavarti, vestirti, ecc. Se poi si aggiunge il nonno che chiama ogni mezz'ora solo per chiedere 'a che state?' rischi di arrivare al punto di sbrocco senza ritorno. 
E infine: "Senti, ma oggi piove. Perché non ce lo porti domani?" 
"Ma mi hanno dato appuntamento per oggi, mica posso presentarmi quando dico io..." 
"No, perché ho paura che si bagna."
Quindi la prima volta che il pupo dirà 'nonno!', preparatevi: mio padre lo ricoverano. 

13 nov 2013

novembre 13, 2013 - , No comments

Grosso e spalle larghe

 Mi si è presentato davanti all'improvviso. Quando io neanche credevo esistesse. Frugale, spartano nello stile, ma raffinato nei modi. Era grosso, larghe spalle, di quelle che ti viene voglia proprio di piangerci sopra. Lunghe gambe per venire dal passato, la tristezza nelle mani, le ciglia fatte di mancanza e lo sguardo malinconico di chi pensa a quel che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Fili d'argento tra i capelli, incastrati tra paura, vigliaccheria, scuse banali, desideri non confessati, bugie, eventi inaspettati che sono stati chiamati destino. Mi ha guardata con l'aria nostalgica e si voltava spesso dietro di sè, come a cercare qualcuno. 

O qualcosa. 
"Chi cerca?" 
"Te." 
"Non ha nessuno dietro. Perché continua a girarsi?" 
"Perché spero di vedere il tempo passato." 
"Ma lei chi è, cosa vuole da me?" 
"Sono un tuo rimpianto. Sono venuto perché mi hai cercato tu. Ecco, tieni. Questo è il conto." 
"Salato." 
"Non posso farci niente." 
"Ora ci vorrà coraggio per pagarlo." 
"Se ne avessi avuto in passato ora io non sarei neanche vivo." 
"Dovrebbe rallegrarsi, allora." "Impossibile. Avrei preferito mille volte non esserci, non vedere il tuo cuore appesantito, sapere che avevi negli occhi la consapevolezza fiera di chi ci ha provato e non la vecchia e insopportabile angoscia di chi è scappato." 
"Ho avuto paura." 
"Di un sentimento?" 
"Sembrava enorme. Ingestibile." 
"L'amore non ha forma. È nato non per essere gestito. Solo per essere vissuto o anche solo sentito. E tu non puoi pretendere di controllare tutto." 
"Pagando il conto che mi ha portato lei un giorno si estinguerà?" 
"Mai. Mi affievolirò come un odore, ma ti resterò attaccato in un angolo del cuore. E mio malgrado non ci sarà ormai più niente che tu possa fare." 
"E allora che senso ha pagare il conto?" 
"Il conto lo stai già pagando. E lo stai guardando in faccia. Lo paghi ogni volta che ricordi quelle parole, che le tocchi attraverso i fogli, che ti vengono in mente quei gesti elargiti solo per te. E ne senti la mancanza. Ogni volta che pensi a quella casa in cui non sei mai stata o a quello spicchio di mare che non hai mai guardato. E tutte le volte che ti dici 'ora è troppo tardi'." 
E allora mi si è conficcato nel cuore, come uno stiletto. Ho indossato la rassegnazione e chiuso la porta. Come faccio tutte le volte, inciampando negli 'avrei dovuto'.

11 nov 2013

novembre 11, 2013 - No comments

Metti caso

 Metti caso che una di punto in bianco, piena di certezze, poche ma solide, si senta smarrita proprio perché di certezze ormai ne ha e non c'è abituata. Le guarda male, come se fossero catene che la legano e non corde a cui aggrapparsi se dovesse barcollare. 

Metti caso che una si sente lesa nella propria libertà, come se all'improvviso fosse arrivato chi l'ha presa e rinchiusa in una cella due metri per un cuore. Non c'è spazio, non si respira. Ma c'è una bella finestra per guardare il mare. Lo guardi, ma non puoi andarci. Ne senti l'odore, il rumore, ricordi la bellezza della sabbia sotto i piedi, ma vivi così: di ricordi. E ti distruggi. 
Metti caso che non nega l'amore a suo figlio e che sorride solo se lo fa anche lui, ma che vive e non si sente viva.
Metti caso che una pianga ogni giorno, quasi senza sosta e senza motivo.  Che di motivi per ridere e sentirsi felice dovrebbe averne a centinaia, ma che invece ora che si ritrova senza più nulla da aspettare, ha un macigno sul cuore.
E che faccia i conti con la propria coscienza, che la chiama 'madre degenere'. 
Metti caso che l'unico desiderio sia quello di andare a bere una birra occhi negli occhi, ridere, parlare, come se non esistesse altro.
Metti caso che una non abbia più entusiasmo per le cose, si senta morta dentro, quando dovrebbe essere viva mai come ora. 
Metti caso che da un giorno all'altro non si senta più padrona della propria vita, che avendo lei una personalità forte e decisa, si senta proprio per questo ancor più schiacciata dal peso della responsabilità e della nostalgia. 
Ecco. Tu, a una che si sente così, cosa diresti?

27 ott 2013

ottobre 27, 2013 - ,, No comments

Un mese. Il primo.

 Io non lo so se chi ha inventato la "mamma" aveva in mente una serie di regole precise. Una sorta di vadevecum da seguire per esserlo e farla bene. Magari pensava solo al cuore. A quello più sincero. Perchè quando vivi l'amore incondizionato e puro verso un altro essere umano ce lo devi mettere per forza, tutto. Quello che so che il mio adesso è tuo. Prima che anche tu viva per un'altra persona e ti renda conto di quanto amore hai dentro, cercherò d'insegnarti a donare agli altri un pezzo del tuo cuore.

Senza avere la paura che non ti venga reso o che ti venga restituito pestato. Perchè, vedi, è meglio aver provato. Sempre. Che restare col rimpianto di non aver fatto niente. Perchè poi è il niente che ti resta tra le mani, mentre se conservi il tentativo, quello, credimi, ha un bel sapore. A prescindere dal risultato. Cercherò d'insegnarti a ridere col cuore, oltrechè con gli occhi. Ad aver rispetto per ogni creatura, a non arrenderti quando cadrai seduto tentando i primi passi. A rialzarti dolorante e sorridere a chi riderà di te. A reagire riempiendo spazi che ti sembrano vuoti, specie quando quegli spazi saranno intorno a te. Ad avere una bell'anima, nonostante il mondo intorno. Farò il possibile per farti capire che dovrai scegliere per te, ma anche per chi ami. Cercherò di insegnarti a sorridere anche quando ti ritroverai sotto la pioggia improvvisa e scrosciante degli eventi che non puoi fermare; in quel caso dovrai aprire l'ombrello della pazienza, amore mio. Spero di riuscire a farti capire che l'amore è un diritto di ognuno, ma trattarlo con cura è un dovere. Tenterò di portare bellezza nella tua vita. Così come tu ne hai portato nella mia.
Tanti auguri per il tuo primo mese di vita, vita mia.

9 ott 2013

Fiocco azzurro

 Ciao, sono Alessandro. Detto Piripillo, il figlio di Teresa.

Sono nato venerdì 27 settembre alle 12.46 esatte. 
Alla nascita pesavo 3.540 Kg ed ero lungo 51 cm.
Sono un bimbo robusto, mica un elefante! Le guanciotte paffute che la mamma ha visto una volta con un'eco in 4D sono rimaste.
Ho deciso di rompere le acque alle 3 del mattino. Avevo deciso di nascere.
Proprio quella sera, attorno all'1.00, mamma aveva fatto notare a
papà che sentiva la mia testina dirtta sotto l'ombellico. Infatti mi ero spostato.
Il tempo di organizzarmi un attimo e la mamma ha sentito un 'pum!' nella pancia.
Ha fatto un balzo dal letto e si è ritrovata allagata.
Ha chiamato papà e gli ha detto: "Oh! Ho rotto le acque!"
Queste femmine si prendono sempre il merito.
Fatta una doccia e messe le ultime cose in valigia, mio padre ha chiamato un taxi.
Il tassista era più agitato di loro. Appena ha visto mamma col pancione ha detto: "Uh marò!"
Poi è stato tutto un susseguirsi di "Ma devo correre?", 

"Ma posso correre?", 
"Ma vi sentite male, signò?",
"Ma mica vi danno fastidio gli ammortizzatori?", 

"Vi metto un po' di musica?"
Quando siamo arrivati all'ingresso della clinica ha anche chiesto se doveva aspettare finchè non aprivano la porta o se
poteva andar via. Quando è partito e ha gridato "Auguri!" mamma si è messa a piangere.
Intanto io stavo vedendo già come dovevo fare per uscire. Non era una cosa semplice.
Non sapevo bene come fare, anche se conoscevo la strada. Sono arrivato a spingere finanche col guanciotto, infatti quando sono nato era un po' arrossato. 

Arrivata in clinica mamma è stata portata in sala travaglio, dove è stata
visitata da un'ostetrica di nome Federica e assistita da un'infermiera simpaticissima (Giovanna).
Sono capitato in clinica nell'arco di 48 ore di fuoco. Tutta Napoli era andata a partorire.
Tanto che non c'era posto e si prospettava l'idea di tenere mamma segregata in sala travaglio.
"Io dovrei restare qui tutto il tempo o su una barella e anche dopo? Tutto il tempo posso capirlo, ma dopo no! Se volevo essere trattata come carne da macello andavo al Cardarelli, mica venivo qui!" ha detto mamma.
"Signora, ma non ci sono posti!"
"Non me ne frega un cazzo! Vedete come dovete fare e datemi un letto!"
Insomma, la conoscete mamma no? Sapete com'è fatta.
Le contrazioni erano già iniziate da un po'. Dapprima leggere, poi sempre più forti ma comunque poco ravvicinate tra loro. Il ginecologo di mamma, l'uomo che mi ha fatto nascere, è arrivato alle 6.00 del mattino - mamma lo aveva chiamato già alle 3.00, quando io ho fatto il fattaccio - l'ha visitata di nuovo e ha notato che dopo già tre ore non c'era dilatazione. Siamo stati tutto il tempo sotto monitoraggio, io e mamma.
Ed è stato il ginecologo ad accorgersi che qualcosa non andava. Io provavo a gridarlo da dentro, ma non mi sentiva nessuno. Avevo il cordone attorno al collo con tanto di nodo. Ogni volta che mamma aveva le contrazioni forti io soffrivo e anche il mio cuoricino. Il papà è stato con la mamma tutto il tempo. Le dava forza e le ha infuso coraggio. E' stato davvero bravo. Alle 8.00 del mattino il ginecologo ha deciso definitivamente  per il cesareo. Ha evitato in tutti i modi di farlo perchè sapeva che mamma voleva il parto naturale, ma quando le ha
parlato di 'sospetto cordone attorno al collo', anche mamma si è convinta. 

Siamo entrati in sala operatoria alle 11.45 (mamma tutte queste ora se l'è fatte di travaglio, ma la dilatazione è arrivata solo a un cm e mezzo) e alle 12.46 sono nato io.
L'anestesista - quello che le ha fatto l'epidurale - è stato vicino a mamma tutto il tempo. E quando mi ha visto ha subito detto: "Uà! Che capucchione 'stu criatur! Bello!" 

E' stato lui a dire ai miei nonni e al papà che aspettavano fuori della mia nascita: "E' nato Alessandro. Pesa 3.540 ed è lungo 51 cm. E' bellissimo e sta benissimo."
Allora papà ha chiesto di mamma e il dottore ha detto che anche lei stava bene. E papà ha pianto tanto quando mi ha visto.
Quando sono nato sono stato portato subito vicino alla faccia di mamma e lei mi baciava tutto e non ci ha fatto nemmeno caso che ero tutto sporco.
Poi mi hanno lavato e mi ci hanno portato di nuovo. Il giorno dopo mamma era già in piedi perchè aveva pensato che se si fosse lasciata andare, al nido io non l'avrei sentita vicina. E' scesa ad allattarmi ogni quattro ore e piano piano
abbiamo preso confidenza. Da lunedì siamo a casa tutti e tre e ci stiamo conoscendo. 

Mamma ha già assorbito tutti i miei ritmi. Il papà l'aiuta tanto con il cambio pannolino, coccole ecc.
Io ho solo una settimana, ma da un paio di giorni mi guardo attorno e osservo questo nuovo mondo pieno di colori.
Sono piccolo, ma so che devo ringraziare tanto il ginecologo di mamma. 

Se non fosse stato per la sua lungimiranza, forse, a quest'ora, io non c'ero.

ottobre 09, 2013 - No comments

I supereroi esistono

 Io vorrei conoscerlo il tizio che ha detto che i supereroi non esistono.

Ci vorrei parlare e vorrei chiedergli se, quando l'ha detto, aveva già visto una donna diventare mamma.
Perchè tu, femmina, sai di cosa sto parlando.
 

Acquisisci il super potere vestirti in maniera decente in un terzo di secondo e senza neanche l'ausilio di una cabina telefonica.
Quello di afferrare al volo gli oggetti prima che cadano al suolo.
Diventi capace di muoverti al buio, evitando gli ostacoli.
E se proprio urti il mignolo del piede destro contro una gamba del tavolo, sei ormai diventata capace di bestemmiare e soffrire in silenzio.
Hai preso talmente tanta dimestichezza col pargolo che lo allatti reggendolo col braccio destro e con la mano sinistra fai colazione, pranzo, cena.
Ti lavi pur non sentendo il rumore dell'acqua che scorre, chè se lui si sveglia in un nano secondo sei pulita, asciutta, profumata e pronta a fare la mamma.
Rifai il letto in 3.3 secondi netti. Roba che manco batman quando s'incazza.
Sei capace di lavare i piatti e metterli nello scolatoio senza far rumore, neanche fossero piume.
Dimenticavo poi la capacità d'incenerire con lo sguardo chi ha disturbato il suo sonno. Roba che i raggi laser non sono un cazzo.
I 'posso prenderlo in braccio?' vanno sempre evitati a una neo mamma che ha il piacere di vedere l'inquilino tranquillo nella sua culla. Salvo il desiderio di ricevere un rifiuto o vedere una donna con le antenne in testa.
Riconosci il suo modo di piangere. Parli un buon livello di bambinese.

Con una mano accarezzi il pupo, con l'altra i cagnoni di casa che non vanno trascurati.
Sei capace di vivere un post operatorio (con buona pace dei 'non ti devi stancare' detti dal ginecologo) avendo il pieno comando sui dolori addominali, isolandoli quasi dal resto del corpo.
Dormi con gli occhi aperti - o anche chiusi - quando di notte il pupo si sveglia affamato.
Cambi un pannolino in 5,2 secondi. Comprese coccole qualora il piccolo, piangendo, decidesse di andare oltre i decibel consentiti per legge.
Hai avuto la capacità di "svegliarti" alle 4.00 del mattino, a poche ore dal cesareo, chiamando l'infermiera per dirle di toglierti il catetere: "Mi voglio alzare dal letto." 

"Vengo alle 6.00" 
"Vieni alle 6.00 meno dieci." , oltre ad andare in bagno da sola una volta alzata.
Provi compassione per chi prova compassione per te. Ma, a differenza di prima, eviti di farglielo sapere.
Acquisisci una memoria e una pazienza di cui non ti credevi capace. E le sfoderi ogni giorno, senza neanche ormai rendertene conto.
Tante cose che magari prima avrebbero potuto ferirti o portarti ad imbracciare il fucile, ora sono fumo.
Perchè l'unica aria che vuoi respirare è lui. Lo stesso uomo che, speri, un giorno, non spezzi il cuore di un'altra donna.

8 set 2013

settembre 08, 2013 - No comments

Un abbraccio lungo un anno

 Nell'arco di quest'ultimo anno ho fatto conto di essere stata strappata a te da un soffio di vento. Che è arrivato all'improvviso, mentre ti tenevo la mano come se avessi voluto essere sicura che non scappassi. Perchè ho sempre avuto paura di vederti lontano, molto più che di non vederti affatto. Come se avessi avuto l'autorità di impaccottare le tue ali e lasciarti coi piedi per terra, accanto a me. Si diventa egoisti, quando si vuole bene a qualcuno. E questo è uno dei miei sbagli. Quella mano non la stringo, la tengo sperando ogni giorno di ritrovarla nella mia. Vivo con la paura di non vederla più, senza capire prima che non puoi temere l'abbandono se l'affetto è sincero. Ed è proprio questo il punto. Ho subito abbandoni da chi non avrei mai creduto, da mani che neanche tenevo tra le mie, sicura che ci sarebbero sempre state. Quando mi ha lasciata la tua allora veramente ho sentito freddo. La sua assenza è stata un tripudio di ricordi, di cose fatte insieme, di risate, giochi, come quando ti rendi conto che l'infanzia è finita e devi crescere. E io così ho fatto. Ho indurito e incassato. E fatto finta di niente, come se il tatto delle tue dita non l'avessi mai conosciuto. Ho detto bugie a me stessa mentre vivevo, continuavo a ripetermi che era solo una mano. Quando poi mi sono ritrovata al più grande giro di boa della mia vita, ho cercato di nuovo quella stretta delicata. Ma mi sono resa conto che continuare ad avanzare senza, avrebbe voluto dire odiare il vento per tutta la vita. Odiare i ricordi e pensare che quel sentimento che va oltre l'amore non esiste. Non avrei potuto tollerare un altra disillusione. Anche perchè un filo sottile che mi teneva legata a te ancora c'era e l'ipocrisia non fa parte del mio essere. E allora con gli occhi chiusi ho sentito la tua mano dietro la mia testa in quell'abbraccio che ha riempito un anno intero. Questa è una cosa che insegnerò a mio figlio: possono trascorrere silenzi insopportabili, mesi o anche anni di vuoto agli occhi. Ma quando sei davvero legato a qualcuno, un sorriso è poi tutto quel che basta.

3 ago 2013

agosto 03, 2013 - No comments

Quel paese è un posto troppo lontano

 Non mi sono mai sentita chiedere se volevo sedermi in metropolitana, sull'autobus, se desideravo un bicchiere d'acqua, nè mai mi è stato concesso di saltare la fila chilometrica agli uffici postali o al supermercato. Nonostante la panza ingombrante e il caldo, per me torrido. Non sono mai stata una che vive per dare fastidio, anzi. Quindi aspettavo, sopportavo. Deglutivo ansia e maleducazione. Non si tratta di un diritto, per carità. Solo di etica e buon senso che tutti si aspetterebbero dai napoletani, miei concittadini, sempre definiti gente dal grande cuore. Quando mi precipitavo su un posto a sedere vacante e lo conquistavo gongolandomi, puntualmente, arrivava una persona anziana che mi fissava, pretendendo con gli occhi che mi alzassi io per farla accomodare. Sinceramente, fanculo. Seduta ero e seduta restavo. Oltre il garigliano la situazione non è differente. Supermercato. Cassa prioritaria dedicata a donne in attesa e persone diversamente abili. Arrivi, mostri la panza alla cassiera la quale, se sposata e con prole, ti sorride e ti fa scavalcare file di carrelli che avrebbero potuto rivolgersi altrove. Altrimenti devi sorbirti le occhiatacce della cassiera assatanata di cazzo, che avrebbe tanto voluto essere al tuo posto. Come se non bastasse, poi, arriva il maschilista (o gay, com'è successo alla sottoscritta) che se ne esce dicendo: "Ma queste donne incinte perchè non restano a casa?" E allora ribatti: "Perchè noi donne incinte non siamo malate. Lei, piuttosto, che la pensa così, stia attento. I giardini zoologici sono ancora aperti." E mentre tu cerchi di mantenere la discussione su toni civili o pseudo tali, il tuo compagno ha già studiato se è meglio compirlo alla carotide o al mento. A seconda di dove farebbe prima, per capirci. E intanto ti rimbombano in testa i 'vedrai, vedrai' inutili e sterili pronunciati da persone che hanno figli piccoli e che non pensano minimamente, con arroganza, che ogni esperienza è differente dall'altra. Facile fare gli insegnanti nella vita altrui. Comodo. Insegnate l'educazione a voi stessi. Se vi riesce.

2 lug 2013

luglio 02, 2013 - No comments

Sette

 A volte desidero che il tempo resti fermo, seduto. 

A riposare dalle sue corse continue.
Così mentre lo guarderei riprendere fiato, potrei godermi adesso. Adesso è un pezzo di tempo, un dono che prima o poi passerà. 

Come passano tutte le cose perchè il tempo ha fretta.
Ha sempre troppa fretta se si tratta di cose belle. Nonostante la sua premura non le rovina, ma guai a distrati un attimo: ne approfitta per farle svanire e occuparsi d'altro.
Talvolta però può capitare che ti distrai e accade l'opposto. 

Le cose belle te le fa trovare tra le mani, specie quando c'avevi perso l'abitudine.
Al tempo piace l'effetto sorpresa. Credo si diverta parecchio e guardare le nostre facce stupite.
E io vorrei che adesso si fermasse, che mi consentisse di restare per sempre come stamattina, a letto, pancia a pancia dividendoci i calci e ridendo ad ogni
colpo. Guardarci negli occhi e sapere che siamo in tre. Vederti con lo sguardo fiero dire che ora è dentro di me, ma quando poi sarà nato sarai tu a proteggerlo.

Ho paura del mondo fuori dalla mia pancia.
Di quello che lo circonderà quando non potrò più proteggerlo con il mio corpo.
Se sette mesi fa il tempo mi avesse detto che un giorno mi sarei ritrovata ad avere nostalgia di una calma che non ha mai avuto, gli avrei dato del pazzo.
Eppure lui quel giorno si è fermato, solo per me. Non c'era nulla, attorno. 

Solo noi e le nostre facce meravigliate.
E le risate del tempo, mentre ci guardava fissare una minuscola linea rosa. 

Poi ne abbiamo preso atto, incastonando quel momento in un tempo che non è più adesso. 
Ma quell'adesso si è evoluto, è diventato sorrisi, movimenti sotto le mani,
un piccolo mondo fatto di battiti veloci ascoltati prima di dormire.
Ed è questo istante che voglio, quello che mi mancherà più di tutto quel che può essermi mai mancato in trent'anni.
Forse è questa la felicità. Desiderare che adesso non passi mai. Forse.
Io penso di sì.

29 mag 2013

maggio 29, 2013 - No comments

Amor...fologica.

 "Ha partenizzato! E' lunghissimo questo bambino!" 


E' la frase detta dal medico che più mi resterà impressa. Oltre ai "perfetto" detti in corso d'opera. 

E alle lacrime di gioia che versavo mentre ero stesa su quel lettino. 

Ora ci gongoliamo, il mio compagno ed io. E ridiamo ricordando che Alessandro mi ha fatto camminare almeno un paio d'ore, sperando si girasse (a 'na certa ci ha dato le spalle decidendo che l'avevamo spiato abbastanza), quando è stata la volta di esaminare il cuoricino. 


Peso: 490 gr

Lunghezza: 22 cm

Settimane: 21 + 1


Il mio pescione, dice il dottore, è più lungo di almeno una settimana. 

E io non riesco a star ferma. E' la felicità. 


26 mag 2013

maggio 26, 2013 - No comments

Indi per cui allora.

 Voi dovete chiavare.

Detta così sembra una cosa brutta, una volgarità fine a se stessa. Se riusciste a scandagliare oltre le apparenze, vi rendereste conto che si tratta dell'augurio più bello che una persona possa farvi. Anche se è interessato, in questo caso. Da quando sono incinta il mondo non solo è popolato di pance (e fai caso anche a quella del cinquantenne che la sfoggia con orgolio al di sopra della cintura dei pataloni, credetemi) ma anche di consigli non richiesti. Che non arrivano dalle multi o primipare - parole che odio e mi ricordano tanto gli incentivi statali sulle automobili, non so perchè. -. Ma da chi manco fotte a rotta di collo. O, ancor peggio, da chi non ha neanche le ovaie.
Per esorcizzare (leggasi perchè mi devo sfogare), vediamo insieme qualche esempio. Uomo: "Non puoi mangiare il pesce." Generalizzando tutti sanno che fa bene. E che ben cotto, è addirittura un tocca sana per la donna in gravidanza. Donna: "Non credere alle voglie. Non esistono!" Cara. Mia cara ragazzina sotuttoio, ti schiatterei la testa. Svegliatici tu di mattina, con le scimmie urlatrici in testa, che ti chiedono quante fragole vuoi mangiare o che ti danno la buonanotte di sera e poi ti fanno immaginare un bel gelato al pistacchio, che prima invece detestavi a morte. Donna: "Bevi la birra che fa scendere il latte!" Certo, lo farò. Così mio figlio nascerà già 'mbriaco e si metterà a cantare le canzoni di Jimi Hendrix. Uomo: "Ma la pancia è piccola." Non tutte le panze sono come la tua, ripiene di vino e percoche. Donna: "Ma la pancia è grande." Una volta sfornato il nano la mia non ci sarà più. La tua invece è una gran riserva di ottima annata, vedo. Donna: "Ma mica mangi il peperoncino?" Mi dite dove sta scritto che non si può? Uomo: "Non puoi mangiare carne." Genralizzando come sopra, basta sia ben cotta. E po' scusate, non considerando me, ma uno che cazz' s' magn?! Donna: "Si sono sbagliati, è sicuramente femmina." Affermazione basata sulla forma dell'addome. Mica sull'accuratezza delle ecografie, eh. Uomo: "Dormi ora perchè poi non potrai farlo più." Capisco. Perchè il tuo erede ti ha tenuto o ti tiene sveglio ogni notte, non vuol dire che debba capitare anche a me per solidarietà. Donna: "Mangia tanti dolci."
Da quando t'indendi di nutrizione in gravidanza? Ah, già. Tu manco sei mai stata incinta!
Donna: "Piano con i kg!"
Dillo quando ti guardi allo specchio.  
Donna: "No, non puoi mica fare sesso."
Io invece trombo come una cessa, nonostante la panza quasi ingombrante. Tu puoi farlo (anche se la panza non ce l'hai)?  
Uomo: "Ma vedi che a 19 settimane non era certo un calcio del pupo."
No, infatti si è poi scoperto che era mammt!
Uomo: "Essere gravida mica vuol dire essere malata. Puoi correre pure la maratona di Boston!" 
Ma certo! Così ci viene un bel distacco e abbiamo fatto la frittata.
Donna: "L'acidità di stomaco è dovuta ai capelli del piccolo!" 
E allora mio figlio è uno dei cugini di campagna già dalle tre settimane.
Donna: "Devi comprargli il lettino e non la culla!"
Non preoccuparti: qualunque cosa non verrà acquistata con i tuoi soldi. Datti pace.
Uomo: "Dovrai mandarlo a scuola qui e non lì." 
Se parli ancora un po', quando sarà in età scolare, te lo mando a casa dalle 5 del mattino.
Uomo: "Però stai bene. Sei sicura di essere incinta?" 
Ma mica sono malata...
Donna: "No, le uova fanno male!" 
Non se te ne schiatto una in testa.
Uomo: "No, macchè! Al mare? Sognatelo! Dovrai restartene in casa tutta l'estate!" 
E invece io già mi vedo col trikini che copre la panza, a fare la balena nell'acqua. Tiè!
Uomini e donne: "Cani e gatti in casa? Via subito! Devi legarli al guard rail in autostrada, ora sei incinta!"
Se ne sento un'altra del genere ti metto al posto della ruota di scorta.  
Ad essere sincera, avete rotto il cazzo. Tornando alla premessa, se vi faceste una chiantella, non pensereste certo alla mia panza. Ma alla vostra, molto probabilmente. Altrimenti, se proprio volete esporre un parere, leggete. Studiate. Informatevi. Non lasciatevi cullare dai luoghi comuni. Non invidio le mogli dei succitati, nè gli apparati riproduttivi delle suddette, quando concepirete un pargolo. Inutile dire che non ho seguito mai un consiglio datomi, che non sia stata una prescrizione medica stilata in base al mio stato fisico. Quindi con me ci sbattete il muso. Che sarebbe certo più gradito in altrui fessure anatomiche. 
In altre parole, visto che l'ignoranza incombe, fatevi i cazzi vostri. 
Grazie.

maggio 26, 2013 - No comments

Le fiabe rivisitate: Cenerentola.

 Caro fagottino piripillico, visto che sono una mamma previdente mi sto già chiedendo come intrattenerti e, mi rispondo, quale modo migliore che il raccontarti favole e fiabe?

Solo che poi, ribatto da sola, che favole narrare? 
Perchè, diciamocelo, non è che quelle vecchie siano fulgidi esempi di genialità.
Quindi ho pensato di riadattarle, per far sì che non ti venga in mente che le donne migliori sono quelle che si baciano e si portano via a cavallo senza dire una parola.
 

Dicevamo...

C'era una volta (nemmeno troppo tempo fa), in un paese né vicino né lontano, una giovane che aveva perso  la mamma. Il papà si era risposato con una perfida matrigna, che aveva già due figlie di suo, ma poi si era sentito poco bene ed era morto anche lui.
E già quì potresti obiettare sul perché ti racconto di queste stragi famigliari, ma taci e ascolta..
La giovane era bella, bella, bellissima e dolce, dolce, dolcissima: mentre la perfida matrigna l'angariava con i lavori di casa, lei non diceva una parola ed eseguiva tutto, dormiva in cucina nel camino e tutti la conoscevano come Cenerella.
Il fato volle che, in quel periodo, il principe decidesse di prendere moglie e, piccolo mio, come tutti i principi che si rispettino per sceglierla organizzò un grande ballo dove invitò tutte le donne del reame.
Insomma, una specie di quick date da tre minuti l'una con eliminazione diretta.
Ecco, è chiaro che matrigna e sorellastre si vestirono di tutto punto e lasciarono a casa la sorella bistrattata, ma.. ma!
Spunta una fata.
Sì, amore una fata. No, non lo so perché, probabilmente era lì in villeggiatura e non ha resistito.
La fata veste Cenerella di tutto punto e la manda al ballo, però non contenta le dà un'ora di rientro: o torna a mezzanotte o tutto quello che ha addosso sparirà e lei tornerà ad essere vestita di stracci.
Sì, lo so amore. Che fata stronza!
Cenerella va al ballo mascherata e, che sorpresa, balla col principe tutta sera con grande invidia di tutte le altre ragazze.
A mezzanotte però scappa e perde una scarpetta.
....
....

Ecco, amore, ora io dovrei dirti che il principe, con la scarpetta in mano, gira per tutto il reame fino a ritrovare Cenerella. Che la sposa, facendo morire di bile matrigna e sorellastre, rendendo la fortunata ragazza regina di ogni cosa.
Ma..
Tu ti chiederesti perché un principe, che si spera non assomigli ad un tronista di Maria De Filippi, dovrebbe innamorarsi e sposare una ragazza che sarà anche bella, bella, bellissima e dolce, dolce, dolcissima, ma dimostra la personalità di una scatola di lucido da scarpe.
E che meriti ha dimostrato la suddetta ragazza, oltre al fatto di non scopare la polvere sotto i tappeti di casa?
Cosa si diranno questi due? Come passeranno tutta la vita felici e contenti?
Ecco, appunto.
Quindi...

...
...
Il principe percorre, sì, tutto il reame con la scarpetta.
Entra anche nella casa di Cenerentola, ma non avendola mai vista in volto non la riconosce e - anche se la scarpa le entra perfettamente - non prova nulla per quella ragazza muta con lo spolverino in mano.
Invece, scopre che una delle sorellastre (pur non essendo proprio bella, bella e pur avendo un carattere non proprio dolce, dolce) condivide tutti i suoi hobby e i suoi desideri ed è esattamente la donna dei suoi sogni.
Quindi il principe e la sorellastra si sposano.


Cenerentola, amore?
Cenerella, vista la scena ha mandato a cagare la matrigna! Ora vive in un monolocale con un gatto e, pur non avendo ancora trovato l'uomo giusto, è molto ma molto più felice!

16 mag 2013

maggio 16, 2013 - No comments

Aspettando Alessandro

 Estemporanea affermazione buttata lì dalla sottoscritta stasera, attorno alle 20.30, passando per caso davanti a una rosticceria (ora sono le 23.48 nel bel mezzo della 21ma settimana): "Se tornando a casa passiamo da qui, compro le patatine fritte e me le faccio fare con ketchup e maionese." 


Poi succede che decidi di andare a trovare il tuo vecchio maestro di full contact. Quello che ti ha vista sudare e piangere. Quello che si è sfogato con te un numero infinitesimale di volte mentre ti allenavi da sola, a luglio, quando tutti erano al mare. Lui ti vede, ti guarda la pancia ormai evidente, ti abbraccia forte e senza neanche chiederti come stai ti dice che sei bellissima. E ti ci fa sentire, nonostante le movenze da semi papera e l'addome da quasi sesto mese.

Quindi capita che davanti la suddetta rosticceria, al ritorno, non passi perchè sei quasi costretta ad accettare un passaggio in macchina. E allora aneli e sbavi al pensiero di quella montagna di patatine che saresti stata capace di ingurgitare senza rimpianti, dopo che per mesi hai quasi sempre desiderato soltanto frutta (che t'ha pure detto il culo di trovare) e verdura bollita. Ma pazienza, te ne torni a casa.

Il tuo compagno allora decide che la moto deve sgranchire il cilindro. Che Bruno è fermo da troppo tempo. 
"Vado a fargli fare un giro di dieci minuti e torno. Tu senti il cuoricino del piripillo mentre mi aspetti."
E poi ti chiama, chiedendoti se con le patatine vuoi pure la coca cola zero, chè quella normale non la bevi.
"Basta che non mi fai un figlio con la faccia da patata...", ti dice quando torna mentre ti molla tra le mani tre porzioni di patatine e un numero indefinito di bustine di schifezza biancastra e rossa. Gli occhi ti brillano, ti siedi e magni. E poi ti godi la quiete dopo la tempesta. Senti i muscoli rilassarsi, la gioia scorrerti tra le papille gustative e subito dopo nella colonna vertebrale. 

E' la sensazione che da la felicità. Che non è dovuta alle patatine, per quanto io le abbia desiderate. Ma alla consapevolezza di avere accanto chi di me si prende cura, senza dirmi niente.  Che lo fa e basta, in silenzio, quasi guardando da un'altra parte. Voi che non avete mai vissuto gravidanze e che mi dite che le voglie non esistono o che ve ne uscite con dei minacciosi quanto inutili: "Uè! Piano con i chili!", quando e se avrete questa stessa fortuna, mi direte. Intanto levateve. Che la felicità ha bisogno di spazio. E non ama l'ignoranza.

6 mag 2013

maggio 06, 2013 - No comments

Se rinasco faccio lo schiattamorto



Circa un paio di settimane fa ho creato, nell'arco di una mezz'ora in cui non avevo un cazzo da fare, l'elaborazione grafica di una pagina dell'Ansa che annunciava la morte di Giulio Andreotti. Postata su Twitter accadde non proprio il
 finimondo, ma quasi. Tutti si presero la briga di andare a controllare, alcuni ci credettero con buona pace delle autorevoli fonti, in tanti diffusero.

Ovviamente chi lo trovò uno 'scherzo' di cattivo gusto me lo fece sapere (come se una zavorra come Giulietto avremmo dovuto portarcelo appresso ancora per chissà quanto) con una certa foga. Ma il perbenismo in Italia si spreca. Forse è anche per questo che ancora siamo nella merda. Tra gli 'ammazza m'hai fatto andà pure a controllà' e i 'finalmente si è deciso a crepare!' i giorni sono passati e l'esperimento ha trovato il suo epilogo tra le immagini di @tersapi su Twitter e tra vaghi ricordi cazzeggistici. La tuittstare che pensò bene di rompere il cazzo precisando come un'emorroide ti fa notare tutto il dolore provabile attraverso il buco del culo, non mancò. Ma è risaputo che il primo della classe si macchia di antipatia e mancanza di senso dell'umorismo.






 Quella che è  riportata qui sopra, invece, è la pagina dell'Ansa di oggi. Pare che la morte stamani sia andata in casa di Andreotti e abbia detto: "Giulio sei tu?"
Ma l'ennesima volta che il senatore a vita ha risposto: "Dipende..." lei non ci sia cascata.

Sarà certamente stato un caso. Del resto novantaquattro anni di cui sessanta trascorsi tra i misteri italiani sguazzando la democrazia cristiana non sono certo pochi. Pure una gobba come la sua a un certo punto ha detto basta. Intanto mi convinco di avere la schiattamortitudine in corpo e vado avanti. 
Ora voglio sentirmi dire che mi avete sempre voluto bene. Apprezzata, ascoltata e stimata. 
Ora. Avanti. Ditelo.

Nel frattempo mi chiedo: Giuliano Amato, Mr. trentuno mila euro al mese di pensione (a conti fatti trecento settantadue mila euro l'anno) sta bene? 
La notiza è sempre stata negata dal  diretto interessato, ma se fosse vera e lui fosse il prossimo, sarebbe una morte utile. Come il regalo che ricevi per il compleanno e che comprende il set di utensili da cucina che ti aveva rotto il gatto la settimana precedente. 
E' riportata dal fattoquotidiano la  dichiarazione di Giuliano Amato del 25 marzo: "Le pensioni sono miserabili. I giovani d'oggi dormiranno nelle auto." Guardandosi bene dallo snocciolare qualche spicciolo o rinunciare alla propria condizione privilegiata.

Se i precari sapessero la verità sulle loro pensioni rischieremmo una rivolta. (Il Presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, ottobre 2010)

Voi avvisatemi se il sig. Amato inizia a non sentirsi bene. Che mi ci metto d'impegno.

3 apr 2013

aprile 03, 2013 - No comments

Angel sound. E totale rincoglionimento della mamma.


 Quando, circa una settimana fa, ho prospettato al ginecologo l'idea di comprare l'Angel sound (l'apparecchietto riportato in foto. Un doppler fetale ammerigano che ti permette di ascoltare il cuore dell'inquilino quando ti pare e scacciare paturnie e ossessioni, tipiche di ogni donna in attesa) mi ha risposto: "No, ma dai! Ma che stai a fa'? Poi pigli la fissazione! Sta andando tutto bene, perchè ti devi crucciare così?", facendomi sentire una mezza cacca di topolino ciccione.

 
"E vabbè", pensai.  
"Ha certamente ragione lui. Non lo compro."
 

Tornata a casa, la sera stessa, l'ho ordinato su internet.
Non prima di chiedere in farmacia quanto costava, ovviamente.
"Siamo sugli ottanta euri."
"Ngulo! Grazie, passo."

Qualcuno benedica ebay, che me l'ha venduto alla metà.
 

Ebbene il coso arriva oggi. Entusiasta che neanche riuscivo a camminare mi precipito giù dal Corriere, glielo scippo di mano e risalgo a casa.
Lo scarto, piazzo su ON e niente. Nè una lucina, nè uno strillo, nè un cazzimbocchio. Il maledetto non funzionava.
"Questo è rotto", ho pensato subito.
Poi (con calma!) mi è venuto in mente che forse avrei dovuto controllare la batteria (Doh!).
Apro lo scomparto e trovo una batteria verde, incelophanata. 


Egraziearcà!
 

Tolgo l'involucro, credo di averla posizionata correttamente e, rischiando di romperlo, noto con i nervi che mi uscivano dalle ascelle che il doppler ancora non dava segni di vita. Dopo un po' capisco che magari la batteria doveva andare in contatto con quei segni malefici (+ e -) e che forse perciò ancora non avevo concluso un cazzo.
[Ahcciao, Dio! Grazie per avermi fatta bionda! Umphf!]
Metto in contatto tutto, finanche il mio cervello. Applico il gel gelido gelato sulla panza e sento una marea di rumori. Fruscii, colpetti. Passa e ripassa, trova il punto, gira e rigira, all'improvviso eccolo...
 

Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum! Bu bum!
 

Ancora non lo chiamo per nome (sebbene sia già stato scelto) per paura che il giorno dell'ultima eco il gine aveva bevuto Gin e che alla morfologica mi diranno che è una piripilla, ma c'è una cosa certa: il battito del suo cuore è l'unica musica che, ora come ora, mi piace ascoltare.

31 mar 2013

marzo 31, 2013 - No comments

La stupideria

 Adesso che sei incinta il mondo è popolato di pance.

La tua fruttivendola è incinta, la seconda cugina da parte di madre del vicino di casa pure, persino la ragazza che ti sale accanto sul tram.
E sono tutte amiche. Anzi, sorelle.

Gli scruti la pancia a queste nuove compagne di viaggio.
Tu, invece, la pancia ancora non ce l'hai se non consideriamo quel mezzo melone che hai ora al posto dello stomaco e che ti piazza fra quelle che, a una prima occhiata, son considerate tondette.

Mentre le altre saltano file e si sentono chiedere se vogliono sedersi, il commento migliore che hai ricevuto finora dai conoscenti che non sono messi a parte della novità è: "Ti vedo un po' ingrassata."
Tu incassi, attendi che arrivi il tuo turno di dimostrare al mondo con una sola occhiata che sei incinta e mediti vendetta verso l'incauto commentatore.

Anche se ormai, diciamocelo, sono veramente pochi quelli che non hanno saputo.
Un annuncio sul Corriere della Sera sarebbe stato più soft e pieno di privacy.

È quindi partita la seconda ondata di commentatori.
Quelli che ti spingono quasi a rivalutare i primi.
Quelli che ti fanno rimpiangere di non avere il tuo compagno sempre accanto, onde avere a portata di mano un paio di maroni da grattare all'occorrenza.

"Vedrai", dicono con il sorrisino tirato all'angolo della bocca e gli occhi seri, "Come ti cambierà la vita."

"Non dormirai più."
"Non avrai più tempo per mangiare."
"Fare una doccia con calma sarà un lusso."
"E poi piangerà."
"Dormirà pochissimo."
"Se poi scambiasse il giorno con la notte, povera te."
"Ti ho già accennato al pianto?"
"Pipì, pupù e vomito a non finire."
"Addio alle sere con amici."
"E al ristorante in due, tzk, sognatelo."
"E vedrai quanto piangerà."

E se poi ne parli con la felicità negli occhi o semplicemente nelle parole, c'è chi dice che la ostenti. Oh, tesoro...Quando mi verrà la panza di un bue, altro che ostentazione!

Insomma, hai voluto la bicicletta? E adesso pedala.

Non capisco se lo fanno perchè hanno paura che, una volta sfornato il nanetto, mi presenti alla porta di casa loro con una cesta di vimini e un fiocco del colore apposito.
Ma le migliori sono quelle - e non me ne vogliate, ma son tutte femmine - che ti guardano, sorridono e ti chiedono: "Di che mese sei?"
Eh, poco più di quattro, rispondi tu orgogliosa e orgogliona!
"Ah", sospirano maestralmente, "Ma lo sai vero che fino alla fine non c'è certezza?"

Mavaffanculo!

26 mar 2013

Test di gravidanza

 Se hai in mano un test di gravidanza, attendendo di vedere il risultato del medesimo, ci sono alte possibilità che tu sia in piedi. Altissime che tu sia in bagno.

Spropositate che il tuo consorte sia:
a) a letto ronfante;
b) davanti alla televisione;
c) davanti al computer.
Il test di gravidanza primordiale è malefico.
In genere si tratta di una striscia di cartone minuscolo su cui attendi di vedere due linee.
Se leggi le istruzioni è facile: una linea non incinta, due linee incinta.
Come si dice, lineare!

Peccato che alla maggior parte di noi, femmine in piedi in un bagno solitario, si spenga il cervello e quindi:  "Quella è una linea? Sono due? Se lo metto controluce quel segno appena appena visibile da nord est del lavandino, ma che scompare quando mi avvicino al water
vale lo stesso?"
Sono domande che hanno scosso l'umanità.
Io che non tendo a farmi gli affari miei neanche quando per venire a sapere le cose c'è tempo e modo, ho deciso di farlo una sera che dei sintomi che avevo non ne potevo più.
In largo anticipo rispetto a un eventuale ritardo.
Il mio compagno, che era con me, decise di proseguire il viaggio in autobus fino alla farmacia di turno per comprare il bastoncino della verità.

"Lo facciamo domani mattina?" Chiese lui.
"Eccerto!" Risposi.

Manco per il cazzo.

Tornati a casa andai in bagno. Mentre lui armeggiava con lampadine e olio lubrificante, tranquillo
chè tanto se ne sarebbe riparlato il giorno dopo.
Uscii come un'invasata dal cesso col coso e le istruzioni in mano.
Mi sedetti, presi fiato e per levarmi il dubbio ho preso (letteralmente) il padre del tarantolato, gli ho posizionato il suddetto cartoncino sotto gli occhi ed ho chiesto.
Così, a bruciapelo:  "Quante linee vedi?"
Lui ha sbattuto le palpebre ed ha detto:  "Due, perché?"
"Perché sono incinta!"

Ecco! Ed io che la prima gravidanza me la immaginavo con lo sfondo rosa confetto e la musica d'arpa in sottofondo.
Che immaginavo di correre verso il futuro papà come negli spot della Mulino Bianco, dandogli la notizia fra abbracci, lacrime e palpabile commozione.
Invece sono stata tanto sottile quanto il proverbiale sacco da una tonnellata di mattoni.

"Ma non è che 'sto coso mente?"  Ha chiesto lui guardando sospettoso l'infido test.
"No, perchè finchè non mi si conferma che sei incinta io non ci credo mica. Se poi mi illudo..."
Qualcuno benedica la Clear Blue e le beta hcg.
Ed è così che da 14 settimane siamo (in effetti entrambi. Forse più lui che io.) in dolce attesa.

18 feb 2013

febbraio 18, 2013 - No comments

L'arte dell'approssimazione

 Mi piacerebbe dirti che. Sapere se. Andare oltre tutto quel che di.

Fare in modo da non.
Però guardandoti in. Non come sempre è. Perché tuttavia so che sarebbe.
Lo sbaglio, vedi, è sempre stato quello di aver detto le. Sì, a metà.
Come ogni cosa. La meraviglia dell'approssimazione.
Dico. Non dico.
Errore.
Non bisognerebbe mai rinunciare a. E lasciare solo che l'altro. Varrebbe molto più la pena. Se infatti io ti avessi detto quanto eri. Se non fossi scappata. Ora, forse. Intanto ora è tardi.
Ci sono cose nella vita che capitano. Quando neanche credevi che.
Se mi avessero detto che ora sarei stata. No, non c'avrei creduto. Riuscivo a vedere solo un noi che ti riguardava. E invece.
Forse è meglio. Magari ci saremmo parlati a metà per un tempo che. Intollerabile, non so se ne convieni.
Una persona va. Ogni giorno. Non basta caricarsela nel. E se adesso potessi chiamarti e dirti che. Ne resteresti stupito. Anche se lo sai.
Diverse persone che leggeranno penseranno che. Con presunzione.
Spero solo che tu stia.
Io faccio. E me la cavo.
È umido, fa freddo.
Ma è febbraio. È normale, dicono.
Eppure c'è stato un tempo in cui.
Te ne ricordi.
La Primavera a febbraio.

8 feb 2013

febbraio 08, 2013 - No comments

Spontanea...mente.

 «Eppure io sono convita che nessuno è pronto per la felicità. La si rincorre proprio perché sappiamo che non la raggiungeremo mai. Proviamo a immaginarla come una donna che incarna il concetto di bellezza. Ne avremmo quasi paura, perché subentrerebbe la responsabilità e quindi la possibilità di deluderla e perderla. E’ incredibile quanto aumentino le possibilità di perdere qualcuno, tanto più si ha questo qualcuno nel cuore. I modi di fare non sono mai spontanei. Vengono tutti dettati dalla paura ed è sbagliato. Come se già un’umanità spontanea, e magari ci fosse più spesso, non bastasse. E poi la felicità è più comodo continuare a cercarla, sostenere di aver fatto di tutto per afferrarla, far finta di non averla mai guardata in faccia. Eppure quante volte ci ha toccato la spalla e noi l’abbiamo scacciata via col soffio dell’orgoglio o anche solo per paura. La verità è che oltre a non essere pronti, manco ce la meritiamo. Abbiamo dimenticato l’importanza dell’entusiasmo, la corsa nella sua ricerca. Tutte cose che ci sfuggono, troppo concentrati come siamo sul fine ultimo. Il percorso in sé, non è già considerabile una piccola giostra personale? Non è la meta, è il viaggio. E’ la camminata, come la si affronta. La possibilità di lasciare il proprio profumo lungo il percorso. E’ tutto quello che fai per metterci la tua firma sotto, alla fine. E poi se ti ritrovi felice, tutto d’un botto, e lo stato d’animo persiste, a un certo punto vuoi pure scollartelo di dosso. Diventa troppo dolce, un’abitudine e non lo apprezzi più. Perché la ricerca è finita e quindi non ne vale più la pena. Pensarlo soltanto non ti crea angoscia? Pensare al concetto del ‘non ne vale la pena’, intendo. Come quando percorri una strada, fai tanto per arrivare alla fine e poi ti ritrovi a dire: "E quest’era?"    

Poi impara: le persone hanno paura dei felici. Come se non fossero parte della stessa umanità. Sarebbero capaci pure di ghettizzarli. Non a torto, se ci rifletti. I felici non hanno scopi. Non più, almeno. Sono quelli che hanno corso troppo veloce per restare col resto del mondo. Che non hanno badato a una mano tesa lungo il cammino o che hanno fatto i passi a quattro a quattro, affannando. Lo so che quando domani ti sveglierai, dopo questa chiacchierata, non sarà cambiato niente e continuerai a sperare di acchiapparla e trattenerla, la felicità. Ma la vita che c’è attorno? A lei chi ci pensa? E poi si deve arrivare lontano, nella vita. Non necessariamente in alto. Ma lontano. C’è differenza. Chi vuole arrivare in alto, molto spesso fa poco o nulla e attende. Aspetta che qualcosa accada senza muovere le speranze. Le lascia macerare come si fa con l’uva.  Solo che inacidiscono, a lungo andare. Le speranze hanno tutte una data di scadenza. Voi non lo sapete, ma ce l’hanno. E quello che dovreste fare prima di metterne una in cantiere, è controllarla. La data, dico. Altrimenti vi ritrovate dopo anni sempre con le stesse, ma che hanno fatto la muffa. E su una speranza ammuffita non investirebbe nessuno. Ti pare? Tornando al concetto di felicità, ne sono convinta più ne parlo, nessuno è pronto. Viene propinata come una sorta di biglietto della lotteria. E per tutta la vita non si fa altro che aspettare l’estrazione. Ma quando poi arriva? Che ti ritrovi in mano? Accanto, chi ti trovi? Chi ne vuole un pezzo, ecco chi. Allora tu la concedi, convinta che ne hai da vendere. Ma a furia di farlo e di regalarne troppa, viene trattata come un avanzo che hai nel piatto. La vera felicità, quella che non ti fa sentire o essere solo, la si incontra quando si fa spallucce rispetto al suo concetto stesso. Quando ti guardi allo specchio e pensi che sostanzialmente di questa femmina che quasi non riusciresti a guardare tanto è bella, non te ne frega un cazzo. Perché stai bene come stai. Con il poco, con il molto, con i difetti tuoi, con chi ami, con i problemi da risolvere, con la corsa estenuante nonostante tutto. Ma conservi ancora la capacità di annusare un fiore o gustare una tazza di tè. Quella è la felicità. Guardarsi un attimo dentro e provare il privilegio di mordere i giorni. Ho sempre pensato che solo così si arriva lontano. E alla fine si può pure dire con strafottenza che la vita te la sei mangiata e, visto che le hai dato il sapore che volevi, t’è pure piaciuta. Ma ti sei addormentata?»
Non dormivo. Anche se ero stesa sul divano con la coperta addosso e gli occhi stanchi. 
«No, non dormo. Figurati. Ti ascoltavo, come faccio sempre.» Risposi al mio ALterEgo, che non sia mai le dici che non l’hai seguita per tutto il tempo, s’incazza pure. «Quindi secondo te il concetto di felicità è una truffa?», le chiesi.

«No, non è una truffa. E’ solo un modo di dare uno scopo a esistenze inutili di per sé, l'illusione per antonomasia. O un contentino a chi non ha la capacità di apprezzare. Se uno cominciasse a capire che ogni giorno, per una qualsiasi cosa bella, la felicità ci tocca la spalla, non smetteremmo certo di cercarla. Ma le avremmo di sicuro già visto il colore degli occhi.»