La cardarella è poliglotta. Translate!

9 ago 2015

agosto 09, 2015 - No comments

Uno dei quattromila

 Abbandoniamo per un po' la faccenda della cessazione per raccontare un episodio (ancora in corso) che riguarda sempre il fanciullo biondo e ricciolino, ma è decisamente meno soddisfacente di successi sul vasino o coraggiose pipì senza pannolino. L'altro giorno figlio ha vomitato il pranzo poco dopo averlo ingurgitato. E dire che lui non è mai stato uno da nausea facile, quindi mi si sono drizzare le antenne. Oltre ai capelli, dato che mezzo stabilimento balneare mi ha vista mettergli le mani a cassetta sotto la bocca per farcelo vomitare dentro. Fatto una volta, è accaduto la seconda circa un'ora e mezza dopo. Le antenne sono quindi diventate rosse sirene spiegate. Il bimbo era vivace, correva, giocava come al solito. Ma sai quando sai che c'è qualcosa che non va anche se non si vede? Se sei una mamma lo sai. Ecco, lo sapevo. Chiamato il pediatra, mi ha detto di dargli alcune goccino per la nausea e mi ha avvisata: "Preparati. C'è mezza Italia con la gastroenterite." Le sirene spiegate sono diventate allarmi bomba. Vomita la terza volta, si prova con le gocce. Nulla. Il piccolo peggiora, fino a vivere lui ed io un bel nottatone. Personalmente pronta con asciugamano e salviette umidificate, lui con lo stomaco in mano. Le uniche due ore di sonno le abbiamo godute abbracciati, sullo stesso letto. Il mattino dopo vedo che la situazione coinvolgeva anche qualche dorso d'acqua (nel senso che non mi tratteneva manco quelli) e decido di portarlo in ospedale, ad 80 km di distanza. Viaggio tranquillo, tra un conato e l'altro. Arrivata e fatta pazientemente un'ora e tre quarti d'attesa in fila col piccolo in braccio solo per spiegare cosa avesse, lo hanno visitato. "È gastroenterite. Dobbiamo reidratarlo, ora lo mettiamo sotto flebo." Qualunque mamma si sarebbe aspettata di avere a che fare con un tarantolato nel momento in cui, estranei, avrebbero dovuto infilargli un ago in vena. Situazione altrettanto tragica quando il piccolo avrebbe dovuto tenersi la flebo attaccata per ore. E me l'aspettavo anch'io. E mi aspettavo male. Mio figlio si è lasciato curare senza ribellarsi. Ha pianto, sì. Ma non ha opposto resistenza. Finito il pronto soccorso me lo sono portato a casa, avvisata che se avesse vomitato ancora avrebbero dovuto ricoverarlo. È un lenzuolino, senza forze. Dorme spesso, beve a piccoli sorsi, mangia pochissimo, qualche volta rigurgita. 

Ho letto proprio stamattina che questo virus di chi gli è stramorto ha falcidiato lo stomaco di quattromila bambini. Lui adesso dorme. Io mi gongolo nella gastrite, nel nervoso, nella voglia di vederlo correre come prima. 
Secondo me, quando sarà finito tutto, mi siederò in un angolo e piangerò un po'.

6 ago 2015

agosto 06, 2015 - No comments

Un cesso bellissimo - Quarto episodio

 Il 31 luglio, l'1 e il 2 agosto sono date che dovrei farmi tatuare nell'interno coscia. Proprio lì dove si sente un dolore immane, soffrire, come se fosse un marchio a fuoco. Per ricordare per sempre che per tre giorni di fila il nano ha mollato tre evacuazioni sul water. Col vasino ha chiuso (salvo poco fa, che in spiaggia ha deciso di battezzare quello portatile. Vai a capire: tre settimane fa sì, poi ha preferito il pavimento, poi di nuovo il vasino, poi il pavimento - con mio grande sconforto -.) ed è passato direttamente al riduttore, dando tra l'altro il meglio di sè col libro di Peppa pig tra le mani. Al prossimo giro gli comprerò play boy, se lo merita proprio. Ci sta seduto per un po', molto più volentieri che sul vasino. Io seduta accanto a leggergli una storia e aspetto. Aspetto qualsiasi cosa lui preferisca, ormai. Purché la faccia. Quando la noia ha preso il sopravvento, mi fa capire che vuole alzarsi. E allora mi preparo con straccio e scopettone. Ma tant'è: ha 22 mesi, tutti mi dicono che è piccino, ma qui non siamo gente che si arrende. Qualche volta lo fa la sua vescica, che è meno coraggiosa del resto. Ma questa è un'altra storia.