La cardarella è poliglotta. Translate!

31 ago 2014

agosto 31, 2014 - No comments

La prima estate

 E' stata l'estate della tua prima vomitata seria.

Della prima caduta dal letto.
Del primo livido.
Dei primi dentini.
L'estate della prima pasta al sugo di pomodoro.
Del tuo primo incidente d'auto.
L'estate in cui hai visto per la prima volta il mare.
L'estate in cui hai imparato a spostarti da solo, ad arrampicarti, a gattonare, a stare in piedi da solo, a muovere i primi passi stringendo forte le mie mani.
L'estate dei tuffi tra le mie braccia, della prima palla, dei primi giocattoli da uomo grande.
E' stata l'estate in cui hai detto la tua prima parola, chiamando "mamma".
L'estate della prima abbronzatura e dei primi morsi di zanzara.
Della prima bandana e dei primi bocconi di cibo mangiati da solo.
Dei primi biscotti.
Di quando hai gridato: "Papà!!!" incazzato come una iena quella volta che ti ha schizzato l'acqua in testa.
E' stata l'estate in cui hai sentito per la prima volta la sabbia sotto i piedi.
L'estate durante la quale hai conosciuto tantissima gente. E tanti altri bambini.
L'estate che ti ha fatto sputare infastidito per due gocce d'acqua salata in testa, per poi vederti infilare la testa sott'acqua e non battere ciglio.
Estate di abbracci, carezze, morsi, solletico, risate e lacrime.
Estate di capelli biondissimi e pochi vestiti.
Oggi agosto finisce.
Un anno fa, domani, la tua mamma si è svegliata ed ha pensato che era arrivato il mese in cui saresti nato. Il tuo mese, Alessandro.
E la prossima estate mi mancherà vederti gattonare sul bagnasciuga, mentre raggiungi velocemente l'acqua un po' più alta. Ti ci siedi e ti fai cullare dalle onde, come fai adesso.
Quest'estate io mi sono stancata da morire.
Però rifarei tutto. Rivivrei tutto daccapo.
Solo per vedere ancora quel bimbotto biondo che gioca in riva al mare e sorride sempre.

28 ago 2014

agosto 28, 2014 - No comments

La cazzimma della fatina dei dentini

 Cara fatina dei dentini,

io ti devo parlare. Anche perchè secondo me, con tutto il rispetto, tu soffri di personalità multipla. Ti ho sempre immaginata come una fata gnocca, tanto che alla fata turchina te la saresti potuta mangiare a colazione. Un bel paio di tette, la coscia lunga, la minigonna e il bustino con le paiettes. Una bacchetta magica in mano con una stellina sulla punta, il tacco 12 e poco trucco, capelli lunghi raccolti morbidamente. Labbra carnose e occhi grandi. 
Una bambolona, insomma. E mi son sempre detta che arrivavi sul lettino di un bimbo che aveva perso un dente, lo recuperavi da sotto il cuscino senza farlo svegliare e gli lasciavi un soldino che tiravi fuori dal nulla. Solo perchè quel bambino il soldino se lo meritava. 
Che fine facevi fare al dentino del malcapitato questo non lo so, ma ti ho sempre amata. 
Salvo poi scoprire che tutti i miei dentini mia mamma li teneva conservati macabramaente in una scatola di cartone, ma questa è un'altra storia. Come dicevo, tu hai un disturbo bipolare. Una cosa tipo che quando si tratta di raccattare denti sei come sopra descritta o forse meglio. Ma quando si tratta di farli spuntare, fatina mia, diventi un muflone di alta montagna. 
Una sorta di pantegana chiatta, brutta, coi denti appuntiti, gli occhi rossi (conseguenza del congiuntivo esposto), i baffi, i peli superflui e con nessuna caratteristica rimandabile a concetti di bontà e tenerezza. Insomma, fatina cara, tu sei una stronza. 
Perchè a questo punto, e non volermene se te lo dico, ti diverti quando vedi un bimbo soffrire perchè sta uscendo un dentino nuovo. Non può esserci altra spiegazione. In effetti a me il pediatra di mio figlio lo aveva detto: "Te ne accorgerai eccome quando metterà i denti. 
Lui ha la mascella stretta, delicata, come la tua. Non quella tipica maschile larga e squadrata. Quindi i denti avranno poco spazio e spingeranno maledettamente, con inevitabile sofferenza del piccolo." E stocazzo! Siamo egregiamente sopravvissuti a sei denti, fino ad ora. Due sotto e quattro sopra. Ma cazzo che ti ha inculato, mò gliene fai mettere due insieme?! E che cavolo! Non che si riesca a vedere bene, anche perchè Alessandro se gli apri la bocca per indagare prima strilla come un forsennato manco lo stessero scannando, poi ti prende pure a morsi (escludendo quelli che mi da sulle spalle quando lo tengo in braccio. Fenomeno che non so se ricondurre a schifo infantile o affetto morboso). Ma fosse solo questo! 
Insonnia - qualche notte fa abbiamo chiacchierato amabilmente dalle 5.00 alle 6.15 circa le tempste di fulmini globulari e mio figlio è uno a cui piace dormire - irritabilità, almeno un pianto per sera, gengive superiori rosse che ci potresti friggere un uovo, vomito, bruciori di stomaco e lasciamo perdere quello che trovo nel pannolino perchè è meglio così. 
Quindi, cara fatina, tu devi darti una regolata. Cioè, ma che cazz' t'ha fatt' 'stu criatur? 
Ha festeggiato gli 11 mesi ieri e l'onomastico il giorno prima con la boccuccia dolorante. 
E manco un poco di pena, ti ha fatto. Mò tu puoi pure uscirtene con la solita frase irritante: "Ehhhccara! Hai voluto la bicicletta? Eppedala!
E siamo anche d'accordo, in effetti. Ma dove sta scritto che mio figlio deve schiattare in corpo di questa maniera e io appresso a lui, scusa eh!? Ha imparato da poco a gattonare in maniera intelligente (con una gamba si spinge in avanti e l'altra la usa per tenere puntato a terra il ginocchio; prima si spostava col culo per terra da seduto). E' capace di stare in piedi da solo, ma non ancora di camminare da solo. Si arrampica, molla il cinque a chi glielo chiede, saluta, fa da solo cucùttè (lo sai che cos'è, è inutile che fai) e, nonostante tutto, sorride sempre. Però dai, mi pare che stiamo esagerando. Andiamo avanti di tachipirina e gel rinfrescante, ma per quanto ancora? Lui sopravviverà, è uno tosto. Ma io che fine farò? Cioè tu devi preoccuparti anche delle mamme, fatina, non solo dei pargoli. Senza contare che mica ho capito il perchè di questa sindrome schizofrenica che ti porti appresso. Magari hai avuto un trauma infantile, magari adolescenziale, magari ti hanno sterminato la famiglia però non è giusto che scassi il cazzo alla gente. Scusa sai, ma io sono una che difficilmente si tiene le cose in corpo. 
E siccome stiamo combattendo con queste problematiche da una settimana buona tra un sospetto canino e un sospetto molare (non ti sembra troppo tutti e due i denti più dolorosi insieme?), tanto ti dovevo e tanto ti ho scritto. Se devono bucare, che lo facessero in fretta. 
Cà amma sta quiet. Statt' buon.

18 ago 2014

agosto 18, 2014 - No comments

Il destino triste degli emotivi

 Sera fresca. 

Aldilà delle aspettative poca gente.
Tavolo prenotato, cognome scritto su un bigliettino adagiato sulla tovaglia di carta.
Due bicchieri capovolti, di quelli grandi e pesanti, che quando bevi ti danno soddisfazione. Un piccolo fiore al centro del tavolo, due sedie di legno. La comodità è un fatto empirico e a tratti del tutto personale. 
"Ma ti sei messa i tacchi per mettermi in imbarazzo?"
"No, perchè non sapevo qui chi avrei potuto incontrare."
"E ti sei truccata sempre per lo stesso motivo..."
"Embè."
Una volta seduti ci siamo guardati attorno per squadrare i presenti.
Lui guarda oltre le mie spalle e dice: "Stasera mi piace il fucsia."
Mi giro e la vedo. Tutta tirata, tacco 12, chignon, orecchini lampadario, golfino bianco e tubino fucsia. Corto. Coscia magra e abbronzata. Obiettivamente un bel culo. 
"Te la presento?"
"Perchè la conosci?" Ci casca sempre.
"No, ma che ci vuole? Scusaaa!"
"Zitta, cretina!"
"Non sei buono. Per questo sei ancora single."
"Ma il paffolo?"
"Dorme. Sotto controllo, ma dorme."
La tipa passa per raggiungere il suo tavolo sotto braccio al credomarito e lui, discreto com'è, neanche si gira per continuare a guardarla. 
"Fossi stata al tuo posto mi sarei fatta avanti."
"Ma è anche il tuo tipo?"
"Non stasera."
Arriva la cameriera. Lesbica. Motivo per cui sono stata messa in croce.
"Ordiniamo?"
"Vabbè, dai. Ordiniamo noi. Mica tu. O vuoi sederti con noi?"
Io con la mano in fronte.
Quando sa che la situazione è innoqua il cretino con le femmine lo fa eccome.
Due margherite e due peroni.
"Senti, ma questo mio amico mi ha detto che l'ultima volta che è stato qui la pizza è arrivata dopo un'ora e mezza. Stasera vorremmo vedere di essere un pelo più celeri?"
"Aspetta Terè, ma un pelo mio o tuo? No, perchè c'è differenza."
Lo guardo e non rispondo.
La ragazza mi sorride, prende i menù e riabbraccia imbarazzata la croce del suo lavoro.
Brindisi e primo sorso di birra.
Silenzio.
Mi guardo intorno e per quanto sono tirate alcune, nonostante i tacchi, mi sento una stracciona. Poi mi ricordo che in effetti ci sto con le pezze al culo, quindi sguazzo nel disagio senza problemi.
Accendo una sigaretta. Lui non fuma più.
"Allora. Novità?"
Quando mi fa questa domanda lo strangolerei.
C'è una cosa in particolare che vuole sapere. Delle altre se ne sbatte la lampo o quasi, ma non la chiede.
Aspetta che sia io a raccontargliela. Discrezione, direte voi.
Cazzimma, dico io.
"No, nessuna."
Mi guarda col capo leggermente chino sul mento e gli occhiali storti, come a dire: "Dai dillo."
"No, veramente. Niente di nuovo."
"Tu stai in ferie?"
"Fino al 25."
Silenzio.
La cameriera serve il tavolo accanto al nostro e lui se ne esce con delle volgarità che è meglio non riportare. 
"Ma dai, non ti piace?"
"No."
"Tu le piaci, che peccato."
"Oh, ma so' cazz' tuoje?"
Risata. 
Mi guarda un'altra volta in trepidante attesa.
Con la bocca resta zitto, ma gli occhi dicono: "Io lo so che qualche cosa c'è e non me lo dici, però vedi? Io non te lo chiedo. Ma voglio sapere. Dai dillo. E dai, e dai, e dai."
"Nulla di rilevante, comunque."
Non prende la palla al balzo, fa una cosa tipo mettere l'arbitro in panchina e tirare da solo un calcio di rigore a campo vuoto. Ovviamente nella rete avversaria: "Gliel'hai detto, eh?"
Gli sorrido con gli occhi. Non gli ho mai nascosto niente, del resto sarebbe stato pressocchè impossibile.
"Mai hai rinsecchito le mani..."
"Sono dimagrita un po'."
"Allora? Che è successo?"
"Nulla."
"Come nulla."
"Nulla. Scusa, ma che doveva succedere?"
"Non lo so, qualcosa."
"Inviti in genere, ma cose che logisticamente non sarebbero state fattibili. Poi tu ben sai che periodo di merda è questo per me, sotto tutti i punti di vista."
"Sì, lo so. Ma se non ti sciogli un po' che cazzo gliel'hai detto a fare?"
"Onestà intellettuale."
"E te la chiavi nel culo."
Arrivano le pizze, ma non cambiamo argomento. Con l'aggravante che etrambi odiamo mangiare in silenzio, quindi vi lascio immaginare.
Primo morso. Mi macchio, che ve lo dico a fare.
Bestemmie a cristi, sant'anne e madonne.
"Ma dai, tra un paio d'anni andranno via. Dicevamo?"
"Non dicevamo niente."
"..."
"..."
"Ma magari potrebbe essere una cosa bella, no?"
"Ma certamente lo è. Però intanto è sparito."
Espressione interrogativa, occhi sgranati.
"..."
"..."
"Ma magari ha da fare, un impegno, un cazzo che ti rigira..."
"Certo. Con i capelli rossi e gli occhi verdi. Dai Robè, svegliati."
"Ma de che?"
"Voi maschi se sparite avete sempre un nome e cognome, come motivo.
Se poi ci aggiungi il fatto che talvolta basta un'altra persona che vi schiocca le dita in faccia e voi correte a fare i cagnolini, al mio paese due più due fa quattro."
"E quindi adesso che farai?"
"Niente. Lascio correre. E faccio finta che è stato tutto un gioco. Mi dico che nel mentre ho vissuto d'illusioni e va bene così."
Lui scuote la testa. Io faccio spallucce.
"Scusa, ma che cazzo dovrei fare secondo te? Posso mai forzare? Il fatto sai qual è? Se un uomo ti vuole non ci stanno santi. Fa di tutto, anche a costo di rompere il cazzo. E non si capacita quando tu lo respingi. Se sei tu che lo vuoi lui fa marcia indietro. Si spaventa, forse. Magari è questo quello che è successo."
"Cioè, ma nemmeno una mail?"
"No."
Finisce la pizza. Fissiamo entrambi il piatto vuoto.
Sigaretta, ultimo sorso di birra.
"Lo prendi il caffè?"
"E' stato un po' come se mi avesse abbandonata un'altra volta.  Ti va di fare quattro passi?"
Lui annuisce. Paghiamo il conto e ci alziamo.
Camminiamo con l'aria della sera che ci accarezza il viso. Poche stelle, troppa luce.
E' serio, non si da pace. Ha l'andatura incazzata. Si sentono i fuochi d'artificio. Che poi che cacchio avranno da festeggiare di continuo d'estate io proprio non lo so. 
A un certo punto sbotta: "No, ma io non capisco."
Mi passo le mani sulla faccia, stanca: "Neanch'io. E tu ben sai che non mi piace non capire. Però se ci pensi non è che posso biasimarlo più di tanto. Se uno ha un'altra persona nella testa, punto. Evidentemente è bastato davvero uno schiocco di dita. Hai voglia a dirmi che non sarei stata un ripiego o un chiodo scaccia chiodo. Me ne strafotto di una stella cadente se mi devi prendere in giro, ti pare?"
"..."
"..."
"Noi sensibili conviviamo con una condanna a morte. Vuoi o non vuoi abbiamo un destino un po' triste. Ci sanguina spesso il cuore e il callo non lo fa mai. Pensiamo che la nostra emotività sia basilare e viviamo in funzione di essa. Poi nella vita capita qualche stronzo e allora inziamo a costruire una corazza. E ci dicono che abbiamo un carattere di merda. Cioè non sono stati loro a ferirci, siamo stati noi ad avere dato peso alle parole, alle azioni, alle persone. La verità è che dovremmo essere più superficiali. Ma questo non è possibile, non saremmo più i sensibili del cazzo che piangono la sera, prima di andare a dormire. Che mascherano uno stato d'animo pur ritrovandoselo sulla bocca dello stomaco ogni giorno. E allora che fai quando ti capita l'ennesima merdata? Ci resti male, come sempre. Ingoi fiele e giri la faccia. Il bello però è che, almeno, non viviamo disincantati. Pensiamo sempre che tutta questa sensibilità verrà premiata, inconsciamente. E in effetti accade, ogni giorno. Con un sorriso ricambiato, un abbraccio, una carezza, un complimento. Anche se poi basta poco per buttarci sangue sopra. Ed è sempre il nostro."
"Manca meno di un mese."
"Eh già."
"Dopodichè?"
"Sarò nelle mani di gesùcristo. E neanche sono cattolica. Peccato che la mia emotività non è una casa. [Pausa] Però se ci pensi lo è. Ha il tetto di vetro e quando mi stendo per dormire vedo solo quello che preferisco vedere."

5 ago 2014

agosto 05, 2014 - No comments

mamma

 Al mare. "Senti me lo tieni un attimo che voglio fare due bracciate a nuoto?"

Lui vede che mi allontano e grida: "Maaamma!"
Stavo per annegare, ho fatto le gambe molli. Sono tornata indietro e l'ho preso in braccio. 
Lui gioca con le sue carabattole, poi arriva il turno della palla. La palla rotola, lo sappiamo tutti. Ma Alessandro l'ha scoperto da poco. Non riesce a prenderla perché la stronza si è infilata sotto una sedia e lui non c'arriva. Prova, si stende, allunga le braccia, ma più la toccava più quella cosa arancione si allontanava. Allora fa il broncio da bimbo triste, poi si gira verso di me e dice: "Mmamma." Io mi alzo, gli prendo la palla e lui continua a giocare. A parte queste due note commuoventi, è capace di arrampicarsi, spostarsi pur restando seduto, mettersi in piedi da solo e soprattutto fa il paraculo con qualsiasi femmina gli capita a tiro. Sorride, fa 'ciao ciao' con la manina e scuote la testa per fare il cretino. È vero che c'è tempo, ed è vero che io mi gonfio parecchio quando mi dicono che è un bambolotto, ma dovrò insegnargli che a una donna puoi regalare di tutto, ma nulla sarà come l'esclusiva. Per il resto è inutile chiedergli di ripetere "mamma". Ti ride in faccia e fa finta di niente. Lo amo quest'uomo.