La cardarella è poliglotta. Translate!

30 gen 2012

gennaio 30, 2012 - No comments

Artetecosa...mente

Oggi mi sento come quella che.

Stamattina mi sono sentita.

Adesso sto un po'.

E stasera certamente non riuscirò a.

Poi quando capirò che.

Allora, forse, saprò anche.

Adesso ho un po' di.

E mi sento.

E poi sotto c'è la vecchia che.

Avrei voglia di.

E potrei anche.

Ma poi penso che.

E allora niente.

Oggi dovrei anche andare a.

Ma onestamente voglio trovare di meglio da.

Riflettendoci la mia vita fa.

Adesso mi piacerebbe andare in giro a.

E pensare che.

Ho la sensazione di essere.

E poi sto aspettando che.

Però vorrei solo che tu.

Sono come quella donna senza.

O come quella che.

Sono priva di.

Ed ho la forte sensazione che.

E poi ho paura di.

E sento la mancanza di.

Anche se non ti.

Oggi le mie emozioni sono solo un po'.

27 gen 2012

gennaio 27, 2012 - No comments

In cucina con me - seconda puntata

 Quando ero giovane ho avviato una rubrica, su questo blog. E siccome si parlava di magnatorio ha anche riscontrato un certo successo. All'epoca parlai della pizza con la ricotta, dei miei sogni di bambina e del tacco 12 che ho quasi abbandonato.

Oggi invece parleremo di un altro piatto. Che non è proprio stato inventato dalla sottoscritta, ma che è stato comunque realizzato senza consultare alcun libro di ricette. Dicesi altrimenti, a capocchia.
A me piace impiastricciare in cucina, se sono sicura di non dover buttare, poi, tutto nella monnezza.
Vabbè, non ci perdiamo in chiacchiere e quarattelle. Amma penzà a magnà!

LASAGNA RICOTTA E SPINACI

Ingredienti

Lasagne di quelle che non è necessario cuocerle prima. Altrimenti dovete farle asciugare dall'acqua più o meno 24 ore.
Un Kg di spinaci. Consiglio quelli surgelati, perché quelli freschi li dovete pulire, lavare, ripulire. E neanche voi avete tempo da perdere. Tranne quello che dedicate alla lettura delle mie stronzate, ovviamente.
800 gr di ricotta
Un paio di bustine di formaggio già grattugiato.
400 gr di mozzarella
Farina
Latte
Burro
Poca igiene
Una cucchiarella

Come certamente avrete intuito, visto che è fatta con le verdure, si tratta di una cosetta leggera...

Preparazione
Per prima cosa tagliate a pezzetti piccoli la mozzarella e mettetela in frigorifero ad asciugarsi. L'imbottitura della lasagna non deve paperiare nel latte. Cuocete gli spinaci. E' facile: fate bollire l'acqua, buttateceli dentro senza pietà e riportate ad ebollizione. Scolateli e lasciateli raffreddare. Fatto ciò, preparate la besciamella. In una pentola fate squagliare il burro a fuoco lento. Quando sarà diventato completamente liquido, versate nella stessa pentola la farina. Quanta non lo so. Io mi regolo a occhio, ormai. Lo scopo è cercare di ottenere una cremina bianca che va poi allungata con il latte. Nella preparazione della besciamella, c'è un attrezzo fondamentale che il mio culo di bambina conosce bene: la cucchiarella. Per chi non lo sapesse: dicesi cucchiarella quel cucchiaio grande, in legno pieno, che tua madre adoperava per sfogare addosso a te i suoi nervi. Con la cucchiarella - dicevo - mentre versate la farina, mescolate. Fino ad ottenere una miscela omogenea che ricordi qualcosa di vagamente commestibile. A questo punto allungatela con il latte, mentre continuate a mescolare sempre nello stesso verso. Ininterrottamente. Noiosamente. Fare la besciamella è una uallera, la verità. E non badate a chi vi dice che la besciamella deve venire senza grumi. I grumi vengono a prescindere. Verranno sempre. Chi vi dice che sa farla senza, mente in maniera spudorata. Noterete che, man mano che aggiungerete il latte, quella cremina densa assumerà le sembianze di qualcosa di bianco e denso a sua volta. Tenete presente che le lasagne di cui sopra, assorbono parecchio. Che vengano ricoperte con besciamella o ragù. Di conseguenza dovete attrezzarvi per farne almeno mezza pentola. Quando la besciamella vi sembrerà abbastanza densa ma non troppo, è pronta. Non aggiungete il sale. Poi vi dirò perché.Se poi siete proprio degli inetti, esiste anche la besciamella già pronta. Ma non da certo la stessa soddisfazione...
Bene, siamo pronti. Abbiamo cotto gli spinaci, abbiamo preparato la besciamella, la mozzarella s'è seccata. Possiamo procedere.

In una caccavella mettete: la ricotta, gli spinaci, la mozzarella e una bustina di parmigiano grattugiato. Ecco perché non dovete usare il sale. C'è il formaggio, che ci pensa. Poi, oh...se la roba vi piace salata, che dire...cazzi vostri. Comunque impastate con le mani fino ad ottenere una farcitura che solo a vederla vi fa venire voglia di mangiare la lasagna ricotta e spinaci. Prendete la tiella nella quale volete adagiare la vostra lasagna e ricopritene il fondo con un po' della besciamella che avete precedentemente preparato. Su questa, schiaffate le fette di lasagna fino a ricoprire il fondo della tiella stessa. Poi afferrate l'imbottitura con le mani e stendetela sulle fette di pasta cruda. Ricoprite tutto con parmigiano come se piovesse. Ripetete la procedura anche per il secondo strato. Giunti alla fine, quando non avete più spazio in altezza e vi restano in superficie solo le fette di lasagna sguarnite, ricopritele con la besciamella che vi è rimasta. Copritele tutte. Affogatele. Parmiggianate e infornate per circa 20 minuti. Allo scadere del tempo aprite il forno e appizzate la lasagna con una forchetta. Se non incontrate ostacoli, è cotta.

[...]
[...]

Dalla mia è passato un topolino e ne ha rubato un angolo. Ho dovuto cacciarlo a calci in faccia.

24 gen 2012

gennaio 24, 2012 - No comments

Ma la l'aura è una cosa che si mangia?

 A parte il fatto che chiamarti per cognome mi crea un certo imbarazzo. 

Vedi, caro Martone, a Napoli, il tuo cognome, richiama una serie di negozi che vende abbigliamento per bambini e dove qualche persona che conosco (adulti di 150 cm circa), si veste abitualmente. Sono persone adorabili, con le quali non mi è mai capitato di avere uno screzio o un disappunto di qualsiasi genere. Un'intera famiglia di corti. Padre, madre e figli. Padri e madri a loro volta di altri esseri lillipuziani. Non ti secca mica se te ne parlo, eh? 
Tu sei certamente un uomo aperto al dialogo, al confronto. Del resto ce l'ha detto l'Espresso proprio oggi che anche tu hai un blog, sul quale hai raccontato di essere diventato ministro inviando semplicemente un curriculum. 
'Mmazza, che culo! Io ne ho inviati tanti. Di curriculum, dico. E l'unica risposta che sono riuscita ad ottenere - quando è arrivata, chè talvolta manco mi hanno cagata di striscio - è stata: "Le faremo sapere". 
E invece tu hai mantenuto alta la bandiera del chifadasèfacolprofessorPersiani.
L'unico Persiani che conosce mio padre è quello che lava i cessi al centro direzionale insieme a lui. Tu pensa quanto sono sfigata ad essere la figlia di un semplice operaio, che lavora ormai da mesi con lo stipendio ridotto, ma che può dire a testa alta che non sa cosa sia una raccomandazione. 
No, caro. Non sto certo insinuando che tu sei un raccomandato...che c'entra... 
E' solo che mi piace celebrare Giggino. Lui si è diplomato come perito elettronico e, all'epoca, quando eri uscito con la canna in mano dal Casanova, non potevi fare altro che trovare un radiotecnico che t'insegnasse il mestiere. Per poi cominciare a lavorare e portare i soldi a casa. Dell'università non se ne parlava, quando in casa eravate 5 figli, una madre poliomelitica e un padre che non c'era mai perchè imbarcava. Embè, anche mio padre lo fece. Trovò un radiotecnico e ogni mattina sperava di riuscire a imparare qualcosa. Ma i tempi erano duri già allora e, se un radiotecnico insegnava a un ragazzo come riparare un televisore, alimentava la concorrenza. Quindi si guardavano bene, dal farlo. L'unica promozione che mio padre è riuscito ad avere è stato passare dallo spazzare il pavimento del laboratorio al consegnare le televisioni a casa della gente. Si caricava la Tv in spalla e andava. No, soldi non ne prendeva. L'accordo era semplice: "Io t'insegno la fatica e tu, intanto, ti fai schiavizzare." Fino al giorno in cui, Giggino, non si è rotto il cazzo, ha scassato una radio in testa al masto e l'ha mandato sonoramente a fanculo. A quel punto s'è dovuto adattare a fare i lavori più umili pur di essere pagato. Intanto il tempo passava e ha superato abbondantemente i 28 anni quando si è ritrovato da una ditta all'altra, con lo scopettone in mano. Adesso lavora al centro direzionale. Ma la carriera l'ha fatta. E' diventato caposquadra, eh. Mica cotica! Però sai cosa? Non mi ha mai detto di sentirsi uno sfigato. Nè un fallito. Perchè mi ha sempre insegnato ad accontentarsi di ciò che si è, ad apprezzarsi in qualche modo. Anche oggi è così. L'insegnamento del lavoro va a braccetto con la schiavizzazione dell'individuo. No, non sto scherzando. E non ti colpevolizzo, sia chiaro. Tu vivi in un mondo tutto tuo, fatto di grandi cognomi, champagne e caviale a colazione, con un papà giudice. L'unico giudizio che può dare il mio, di padre, è se una scrivania necessita o meno di essere spolverata. E anche quando quel lavoro l'hai imparato ed è arrivato il momento dell'agognata e sudata assunzione (chè la gavetta l'hai fatta in nero, che te lo dico affare...) e invece ti hanno salutato nel migliore dei casi con una stretta di mano e tante mortiate alle spalle, ancora ti vogliono, ancora ti cercano. Per farti lavorare gratis. Per la gloria, dicono. Martò, ma tu che sei abituato a piatti elaborati...ma la gloria, che è? Un tipo di sushi? Ma si mangia? Ma te lo riempie il piatto? Ci pensa lei a mantenere tua madre con un tot mensile, visto che non lavora da due anni e mezzo? Te li compra lei calzini e mutande? La gloria che conosco io, no. E' fantasia. Come quella che un povero cristo mette in mezzo a un tozzo di pane, perchè non ha altro per farcirlo. Ed è quando ti ritrovi in una situazione del genere che pensi: "E mò? Avevo investito me stessa in un sogno. Adesso 'cazzo faccio?" Ti rimbocchi le maniche, allora. Ti butti a fare i lavori più disparati, ad avere a che fare con la più variegata umanità. Ti adatti camaleonticamente a qualsiasi situazione e decidi di partecipare al Guinness World Record per stabilire se il fegato più ingrossato al mondo è il tuo. Nonostante questo non ti senti una sfigata. Anche se la laurea l'hai accantonata per cause di forza maggiore. In sostanza: o pensavi a lavorare, o pensavi a studiare. Per un bel periodo di tempo (più o meno da quando avevo 14 anni) ho fatto ambedue le cose. E anche con risultati soddisfacenti, la verità. Ma quando decidi di abbandonare il tetto sotto il quale sei nato anche per levare un peso dalle spalle dei tuoi genitori e pensi che sia arrivato il momento di fare da sola, hai compiuto una scelta. E da scelta, nasce scelta. Ti ritrovi a un punto che o paghi l'affitto o i libri dell'università. Fotocopiarli non puoi e neanche ti devi azzardare a pensarlo. Perchè nella stragrande maggioranza dei casi, l'autore del tomo dell'esame, è il professore stesso. O un suo amico. E se ti presenti con le pagine fotocopiate, quello è capace pure di bocciarti così, senza neanche averti fatto una domanda. E quando ti sei laureata, prima o dopo i 28 anni, cosa è cambiato? Conosco gente che mi dice di aver appeso la laurea alla parete del cesso, di fronte al water. E che è utile per combattere i periodi di stitichezza. Ho sentito parlare di ricercatori laureati da quando avevano una cosa tipo 23 anni e che ora lavoricchiano per 500 Euro scarsi al mese. Ho conosciuto un ragazzo che tutt'ora lavora come collaboratore in una scuola. Laureato in Lettere e Filosofia in tempo da record, ma che comunque s'arrangia per motivi che tu certamente ben conosci. Mi fa strano leggere quel che hai detto. Ma poi penso di nuovo che vivi nel tuo mondo, che non è la mia Italia. E allora...
Tornando al tuo cognome, che mentre ti scrivevo mi rimbalzava in testa come una pallina di gomma, ho ripensato alle persone di cui ti ho parlato all'inizio. I nani, per capirci. Nessuno di loro è laureato. Anzi, per dirla tutta solo una figlia ha un diploma e fa tutt'ora l'infermiera all'ospedale Cardarelli. Non hanno avuto modo, di laurearsi. Nè credo abbiamo mai avuto intenzione di farlo. Quando il padre (che per comodità chiameremo caponano) era giovane, si svegliava ogni mattina alle 5.00 per andare a scaricare i camion al mercato di Antignano. E doveva pure far presto perchè poteva pure capitare che un altro potenziale scaricatore veniva scelto al posto suo. Spesso ha dovuto combattere con la gente, a favore della sua statura che tutto lo faceva sembrare, tranne che uno che aveva forza fisica a sufficienza. E' questo il problema della gente, vedi? Si limita all'apparenza e non pensa al fatto che c'è situazione, con situazione. Invece lui resisteva, lottava contro i calli alle mani e le veschiche ai piedi. Poi ha iniziato a vendere qualche piatto di ceramica su una bancarella, sempre nel mercato suddetto. A qualche piatto, ha aggiunto qualche bicchiere. Poi un po' di posate, poi qualche soprammobile raccogli polvere. Si è sposato, ha avuto dei figli. Li ha cresciuti con valori saldi e l'arte del saper campare.  L'onestà e la gentilezza verso il prossimo. E soprattutto la capacità di non offendere mai le persone. Adesso quella bancarella stimizita dell'epoca è diventata stracolma di oggetti da vendere ed è sempre piena di gente. Non credo che dipenda dal fatto che propina oggetti di qualità ad un basso costo. Quanto da una buona dose di paraculaggine e anche un po' di culo, diciamolo. Anche i figli hano seguito la carriera paterna. I due maschi, almeno. Entrambi hanno un negozio e lavorano con la stessa cordialità. Perchè il pensare di non essere il padreterno, è la cosa più importante. E comunque si vestono da Martone. 
E io? Io speriamo che me la cavo. Sfigata e buona.

Ossequi.

22 gen 2012

gennaio 22, 2012 - No comments

Il mantra

 Ripeterlo all'infinito mangiando qualcosa di dolce: "Andrà tutto bene. Si aggiusterà tutto. Non preoccuparti, andrà tutto bene. Andrà tutto bene..."


[...]
[...]

Poi rannicchiarsi in un angolo e piangere un po'.

19 gen 2012

gennaio 19, 2012 - No comments

Un anno da Uno!

 Mi hai vista assonnata, disperata.

Mi hai sentita sbattere i pugni sulla scrivania quando non riuscivo a trovare le parole.
Mi hai vista contenta e soddisfatta per essere riuscita a darti un altro pezzo di me, in un ritaglio di tempo.
Quando sei nata mi hai vista febbricitante, col pigiama di flanella e i capelli di paglia.
Mi hai vista borbottare, scrivere e cancellare.
Mi hai vista non pubblicare.
Mi hai spiata facendo finta di niente quando scrivevo per te, per me e poi salvavo altrove.
Mi hai vista sognare.
Hai scartabellato con me le notti insonni.
Mi hai ascoltata. Compresa. Forse anche compatita.
Mi hai osservata come farebbe una sorella.
Mi hai guardata piangere, in silenzio. Accarezzandomi la testa tra titoli e parole.
Mi hai vista scoppiare dal ridere, trascurarti, pensare di eliminare tutto.
Mi hai sopportata negli scatti d'ira e nei baci mandati da lontano.
Hai assistito ai miei entusiasmi, alle mie delusioni.
Hai sorriso delle mie stronzate nascondendo tra un tag e l'altro tutte le emozioni.
Hai concepito pensieri, discussioni. E li hai mostrati tra i commenti.
Hai incontrato gente che è passata, ma anche quella che è rimasta.
Hai analizzato me e mi hai aiutata ad analizzarmi. Come se mi avessi messo due dita nel cuore ogni volta, facendomi vomitare tutto dai polpastrelli.
Mi hai vista pigra, sveglia e inquieta.
Mi hai vista incazzata e mentre ho creduto di essere felice.
Sopresa e incantata davanti a qualche spazio bianco che attendevi si riempisse.
Hai tollerato un trasloco forzato e la mia nostalgia.
Mi hai vista correre, indagare, sperimentare.
Mi hai accolta. A pagine aperte.
E me ne fotto, se sei solo un blog.
Oggi è il tuo compleanno...

E se permetti, troverò il tempo di ingurgitare un dolcetto.
Alla salute tua.
Tanti auguri, cardarella. :)


8 gen 2012

gennaio 08, 2012 - No comments

Quella pera pene

Si era arrivati a un punto della serata in cui c'era il silenzio. Sapete quando si è parlato un po' di tutto, la cena è finita e allora arriva l'abbiocco generale? Mi domando sempre perché, in momenti del genere, non mi faccio i cazzi miei...E neanche ieri sera sono rimasta zitta. Sarà che quei momenti li odio, li trovo imbarazzanti e mi prende il complesso di dove mettere le mani. Non sto scherzando, non so dove poggiarle. E comincio a guardarmi attorno, in cerca di uno spunto di dialogo o qualcosa che possa sciogliere l'aria. Da dire che la casa nella quale mi trovavo ieri sera di spunti ne offre parecchi. E' stracolma di cose, oggetti, mobili, soprammobili, quadri, stampe e cacate varie. Ricordi, insomma. I miei occhi, ieri sera, sono caduti su un vassoio appeso alla parete. Un coso che avevo già visto millemila volte, ma non l'avevo mai guardato veramente. Sfondo nero, una pera al centro attorniata da due fette d'anguria e due grappoli d'uva, leggermente in posizione obliqua. Fino a qui tutto normale, se non fosse stato per il fatto che la pera raffigurava un cazzo. No, non un cazzo nel senso di niente. Proprio un cazzo. Il padre del festeggiato (contest: ieri sera, festa di compleanno del mio migliore amico. Cena buffet che io, lui e altre tre o quattro persone - quelle che in quella casa hanno più confidenza, compreso suo padre - abbiamo fatto diventare cena seduti in cucina che degli altri non ce ne fotte) mi guarda e se la ridacchia sotto la barba bianca. Io, che non so cosa sia lo scuorno finchè non c'ho infilato le mani dentro, chiedo al suo baffo arricciato: «Ma vedo bene?»
Lui, un signore di più di sessant'anni che al posto del cervello ha il national geographic sano sano, lui che ha girato il mondo in nave, che se un pomeriggio ti stai annoiando e in Tv non danno il documentario che ti piacerebbe guardare vai a trovarlo e te lo fai raccontare perchè lo ascolti parlare di tutte le cose che ha visto, mi risponde: «Credo di sì. Ma a scanso di equivoci, dimmi cosa vedi.» 
«Ma veramente ci vedo un cazzo, comandà.» 
«Allora avevo capito bene.», risponde flemmatico.
Il figlio, che ha già assistito in passato a scene simili, non si scompone. 
Ma inizia ad avere la faccia semi terrorizzata quando mi vede continuare a fissare il vassoio. Mi conosce e sa bene cosa sarei stata capace di inventarmi. 
Il padre continua al posto mio: «L'ho comprato in Sicilia con mia moglie. Era sulla bancarella di una ragazza. Disse che l'aveva dipinto lei...» lasciando intendere un freudiano senso di vuoto, nell'artista. 
Nel corso della discussione entra in cucina la fidanzata di un amico del festeggiato. Una cosa corta un metro e quaranta (non me ne vogliano le persone di bassa statura, ma ogni volta che mi è capitato di schifare qualcuno a pelle si è trattato di un elemento che alzava la testa per guardarmi in faccia) con l'espressione so tutto io stampata in faccia. Di quelle che prenderesti a padellate sui denti così, gratuitamente. Lo sguardo di quella che pensa di essere migliore di chiunque e la bocca storta, in atteggiamento di sufficienza verso il mondo. Insomma, voi capirete...
La nanerottola inizia a seguire il dibattito con interesse. 
Alle stronzate dette in precedenza, aggiungo: «Ma sinceramente non ci vedo solo un cazzo. A ben guardare ci vedo una penetrazione proprio!» 
Capitan Findus mi guarda compiaciuto. Cosa che mi fa ben sperare di non averla detta troppo grossa. La cucina si riempie di pensieri, opinioni più o meno discordanti come se ci fossimo trovati al Louvre davanti a un cesso di quadro e stessimo tentando di dare un senso al biglietto pagato all'ingresso. La nana non poteva certo lasciarsi sfuggire una simile occasione per dar sfogo alla sua saccenza: «Ma come fai a vederci una penetrazione?! - mi dice con aria ironica dandomi diplomaticamente, solo con quella faccia di cazzo che la contraddistingue, della demente - Non è possibile avere un rapporto in quella posizione!» 
«Sì che è possibile, scusa. Le fette di anguria sono le cosce di una donna, aperte. I grappoli d'uva sono le braccia. Aperte anche loro, come se questa fosse completamente abbandonata. La pera si vede cos'è, è palese.» 
«Si, la pera sì. Ma il resto no, cioè, ma come fai...» 
E intanto cercava di dar credito alla sua tesi, mimando forme geometriche varie ed eventuali con le dita. Vi lascio immaginare la scena. Inutile dire che il festeggiato stava preparando bende, garze e tintura di iodio, conoscendomi. «Scusa, eh...Ma non t'è mai capitato di allargare le cosce a tal punto? Mai di allargare anche le braccia? Mai di pensare famme chell' che buò, ma fammelo? No, mai?», ho insistito per il gusto di aumentare il mio coito cerebrale. 
«No, mai. E sinceramente secondo me non è possibile prenderlo, in quella posizione.» 
«Fermo restando che in un disegno o un dipinto, ognuno ci vede quel che ci vede. L'interpretazione è soggettiva. Ad ogni modo è possibile, cara. Fidati.»
«No!», ha esclamato lei non accettando la figura di merda in corso. Figura di merda evidenziata dagli sguardi basiti dei presenti e dal ridacchiare del padre del festeggiato. 
«Sì, lo è. Rassegnati al fatto che, evidentemente, e scusami se te lo dico, non scopi abbastanza. Dovresti provare ad assumerla, quella posizione. Si chiama sesso. E' divertente.» 
Lei, imperversando in un pensiero monnezza: «Non ci tengo proprio!» 
Se poco prima tutti la guardavano basiti, hanno cominciato a guardarla esterrefatti e schifati.  «Tesoro...non sai che ti perdi.», ho concluso dandole il colpo di grazia. Adesso, ogni volta che guarderò quel vassoio appeso alla parete di quella cucina, mi ricorderò qualcosa che già sapevo, ma che è sempre bene tenere a mente: la gente dovrebbe pensare a chiavare. Anziché rompere il cazzo.

6 gen 2012

gennaio 06, 2012 - No comments

Quella Befana di tua madre

 Ehi tu, bambino. Si, tu. Essere umanoide alto più o meno un metro e dieci, ricottaramente vestito senza sapere neanche da dove viene, col capriccio sempre pronto e gli istinti suicidi che emergono ogni volta che sei capace di picchiare la testa per terra fino a farti sanguinare le orecchie, quando non ricevi quello che chiedi nell'immediato....Lo sai che in giornate come questa mi stai clamorosamente sul cazzo? Il pensiero di te che t'ingozzi di cioccolata e schifezze fregandotene dell'obesità, dei brufoli, della cellulite, della panza e di tutto il resto appresso, mi da veramente sui nervi. Capisco che devi vivere nel tuo mondo ovattato fino a una certa età, ma vuoi strafare. Lasciatelo dire. Perché mentre tu giochi con il coso nuovo che credi ti abbia portato una vecchia gobba che, nonostante l'osteoporosi galoppante, si sarebbe presa la briga di volare apposta per te e altri milioni di muccosi come te, su una scopa immatricolata in Romania, io sto quì da sola. E il pensiero di te mi ha fatto venire un'irrefrenabile voglia di cioccolata. Il problema, però, è che se mangio la cioccolata, vado a dare man forte a quello che ho arbitrariamente ingurgitato tra Natale e Capodanno. Quella cioccolata, mi si andrebbe a piazzare sul culo o sull'esterno coscia. Con buona pace del Somatoline che, certo, miracoli non ne può fare. Ecco, lo vedi qual è la differenza tra me e te? Tu t'imbratti il muso. Io mi masturbo il cervello. Pensa che prima, per ammazzare il tempo, mi sono ritrovata con la maionese in testa e un libro tra le mani per trenta minuti. Interminabili. Assassini. Scanditi dalla tosse e da qualche pensiero riguardante argomenti a te sconosciuti, anche se di pubblico dominio. Qualcosa tipo il fatto che se esco e prendo o la moto o la macchina, consumo benzina. E la benzina costa. Quindi è molto semplice, il concetto: appena metto il naso fuori dalla porta, so' soldi che se ne vanno. E come mamma e papà ti avranno ripetuto più volte: "Qui nessuno va a rubare. I soldi si guadagnano col lavoro." Un lavoro che, oggi, sei fortunato se ce l'hai. Normalmente sei in cassa integrazione o un disoccupato militante. Lo sai, tu, che lo Stato, un tot percento di quelli della mia generazione, neanche sa che esiste? Lo sapeva fintanto che sono state pagate le tasse universitarie. Dal momento della Laurea in poi, più nulla. Questo vuol dire che un tot percento di quelli della mia generazione non lavora. E se non lavora, non guadagna. E se non guadagna, non esiste. Tutto ciò mentre tu, generato durante una notte di sesso, stai continuando a ingurgitare caramelle e trigliceridi vari. Nel frattempo io penso al fatto che tra qualche mese, molto probabilmente, leveranno da mezzo l'Ordine al quale sono iscritta. E bada bene che non è un sindacato, ma (a mio avviso) un'organizzazione con poco senso che da semplicemente una "valenza" al tesserino che ho in tasca tra una banconota da 10,00 euro e il codice fiscale. Si, anch'io sono stata bambina e anche a me è capitato di ricevere le schifezze da un'ipotetica Befana. Ma questo ora non conta: stiamo parlando di te, non di me. E non metterti a piangere, non serve. Certe cose, è meglio saperle subito. Così come, se il tuo disegno fa schifo, e lo fai vedere a me, te lo dico e sai perché? Se ti dicessi una serie di balle, cominceresti a vantarti, a pensare di essere il nuovo Picasso o un futuro Giorgio Armani. Ti rovinerei, cresceresti convinto, sguazzando in una presunzione di plastica. E invece devi essere realista e ben cosciente del fatto che, con la situazione attuale, è probabile pure che i tuoi genitori abbiano fatto un finanziamento per comprarti quel giocattolo del cazzo che gli hai chiesto da Febbraio 2010. Lo stesso giocattolo che finirà nel dimenticatoio o addirittura rotto, ancor prima di finire di pagarlo. Io esco, bambino. No, tu non puoi venire. Continua a impiastricciarti la faccia mentre giochi nella tua ignoranza. Ti invidio, ma sei troppo piccolo per bere una birra.